SILEONI scrive ai Ministri

SILEONI scrive ai Ministri

iv style=”text-align: justify”>Nuova dura presa di posizione del Segretario generale della FABI, Lando Maria Sileoni, contro l’introduzione dell’indennità di disoccupazione nelle banche.

Proprio stamane il numero uno del più rappresentativo sindacato del credito ha scritto ai ministri dell’Economia e del Lavoro, Giulio Tremonti e Maurizio Sacconi, per sensibilizzarli sul tema che è stato nuovamente sollevato oggi da Francesco Micheli, Responsabile del Comitato Affari sindacali e lavoro di Abi, sulle colonne del Corriere della Sera.
Micheli è tornato a chiedere ai sindacati un’apertura verso una riforma del Fondo che preveda anche l’indennità di disoccupazione, nell’ottica di una riduzione dei costi di funzionamento dell’ammortizzatore sociale.
La replica di Sileoni non si è fatta attendere. E stavolta è stata inviata all’indirizzo dei titolari del Lavoro e dell’Economia. Il segretario generale della FABI non solo ha espresso dubbi e riserve su una misura che farebbe saltare il meccanismo della volontarietà delle uscite, da sempre osservato nel settore del credito, ma anche fornito dati preoccupanti: se lo strumento venisse applicato nelle banche, circa trentamila lavoratori bancari potrebbero essere obbligatoriamente prepensionati percependo un assegno mensile notevolmente inferiore rispetto al loro ultimo stipendio.
“Signor Ministro”, ha esordito Sileoni rivolgendosi a Tremonti e Sacconi, “Il Settore del Credito italiano, seppur mantenendo una solidità di base superiore a quella di analoghi settori in altri paesi, è anch’esso invischiato nella crisi economica che stenta a trovare una via d’uscita.
Lei ha ragione quando sostiene che l’effetto moltiplicatore creato dall’economia finanziaria sull’economia reale ha prodotto, dopo illusioni generali, iniquità sociali, precarizzazione del lavoro, impoverimento generale.
Tutto questo perché il sistema ha perseguito l’arricchimento di pochi nel breve attualizzando i profitti dei prossimi decenni.
Ovviamente la magia non poteva durare a lungo e una volta scomparsa l’ “illusione” del “tutti ricchi” e’ rimasta la cruda realtà di un arretramento del benessere sociale”.
“In questo scenario”, arriva al punto il numero uno della FABI, “i Banchieri cominciano ad esternare incredibili analisi e a proporre rimedi peggiori della malattia.
Non ultime, in questo senso, le dichiarazioni dell’ Abi, Associazione bancaria italiana, che parla di utilizzare nel Credito l'”indennità di disoccupazione”.
Noi non siamo d’accordo!”
“Non lo siamo per un semplice motivo”, spiega Sileoni, “L’indennità di disoccupazione, che ovviamente prevede un licenziamento, è un ammortizzatore sociale con il quale la collettività si fa carico di un problema del ” singolo ” rimasto senza lavoro.
Non si pu ò pensare di applicare licenziamenti nel settore che vedano coinvolto il personale rientrante in una fascia di età avanzata (55 anni) in prossimità della pensione.
A tal proposito,i lavoratori bancari che hanno oggi circa 55 anni di età anagrafica rappresentano il 18% dell’intera categoria, pari a 340mila unità lavorative.
Se a livello di sistema dovessimo accettare le richieste di Abi, introducendo l’indennità di disoccupazione per alleggerire i costi che le banche sostengono per il nostro ammortizzatore sociale, il fondo esuberi, circa trentamila lavoratori bancari sarebbero costretti a lasciare il proprio posto di lavoro percependo un assegno mensile notevolmente inferiore rispetto al loro ultimo stipendio”
“Sarebbe la distruzione di un’intera categoria guidata oggi da Banchieri che sanno solo raggiungere un utile di esercizio tagliando i costi del personale in maniera repentina e talvolta grottesca”, ammonisce Sileoni, “E tutto questo avviene alla vigilia del rinnovo di un contratto nazionale che, considerando le intenzioni dei Banchieri, produrrà inevitabilmente un conflitto difficilmente gestibile e insanabile”.
“Non, quindi, come demagogicamente sostiene l’Abi, un aiuto ai giovani estromessi dal circuito del lavoro in attesa di rientrare, ma solo un risparmio di costi da scaricare sulla collettività.
Verrebbe così meno quella ” funzione sociale” di cui parlavo prima, in un settore che si e’ già dotato di un ammortizzatore sociale autofinanziato che nell’ ultimo decennio ha gestito la fuoriuscita di oltre trentamila lavoratori bancari, con un turn-over che ha mantenuto pressoché invariati i saldi occupazionali permettendo, così, un riposizionamento politico-economico delle banche italiane rispetto a quelle europee.
Auspico quindi”, conclude Sileoni, “un suo autorevole intervento per riportare equità e giustizia sociale tra i lavoratori bancari”.
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