INTESA, LA FABI SBARRA IL PASSO AI LICENZIAMENTI

INTESA, LA FABI SBARRA IL PASSO AI LICENZIAMENTI

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Il Gruppo Intesa Sanpaolo è intenzionato ad attivare la procedura dei licenziamenti collettivi (la legge 223), mandando obbligatoriamente in pensione circa 50 lavoratori.
Ma la FABI ha detto chiaramente no a questa proposta, rifiutandosi di far partire la procedura.
L’annuncio di una possibile attivazione della legge 223 è stato dato oggi alle organizzazioni sindacali, durante l’incontro che si è svolto a Milano per fare il punto della situazione sulle adesioni al piano di uscite volontarie e incentivate concordato con i sindacati attraverso l’intesa dello scorso 29 luglio.
Ad oggi sarebbero complessivamente 3.950 i lavoratori che hanno volontariamente, e dietro incentivo economico, aderito ai piani d’uscita.
Di questi 2.450 hanno dato la loro disponibilità ad andare in pensione, mentre ben 1.500 hanno scelto di essere collocati sul Fondo di Solidarietà.
In totale dunque le uscite supererebbero di gran lunga le 3mila programmate dal Gruppo Intesa nell’accordo dello scorso 29 luglio.
Eppure nonostante ci ò, l’azienda sarebbe pronta a recapitare le lettere di licenziamento a 50 lavoratori che non sono voluti andare in pensione.
Motivo? Il numero minimo di pensionamenti fissato dal Gruppo era 2.500. E pazienza se la differenza è stata compensata da un accesso al Fondo esuberi di gran lunga superiore a quello inizialmente preventivato. Le adesioni sono state, infatti, mille in più e c’è ancora tempo fino al 20 ottobre per presentare domanda.
Un anomalia che la FABI ha fatto immediatamente notare ai Responsabili del personale durante l’incontro.
“Le adesioni volontarie all’esodo incentivato sono state pari a 2.450 per la parte A dell’accordo (pensionamenti incentivati) e a quasi 1.500 per la parte B (adesioni al fondo esuberi)”, ha spiegato la Segreteria nazionale della FABI in una nota successivamente inviata alla stampa.
“Ci ò consente quindi di adempiere pienamente e volontariamente, alla previsione di riduzione del personale, programmata dal Consigliere Delegato Corrado Passera, di 3mila unità entro la fine del 2013, senza le pesanti ricadute sociali che stanno purtroppo avvenendo nel settore bancario in molti Paesi europei”.
La FABI ha poi sottolineato che “in questo quadro, risulterebbe inutile da parte dell’Azienda procedere a manovre coercitive che riguarderebbero un numero esiguo e residuale di persone – peraltro più che largamente compensato dalle richieste di accesso al fondo esuberi e getterebbe un’ ombra sul complesso del Piano di Impresa rispetto al clima tra i lavoratori, chiamati a processi di riconversione e future riorganizzazioni”.
Una presa di posizione forte che sarà ribadita anche in occasione dei prossimi incontri con l’azienda.
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