Dalla regione più martoriata dalla crisi una forte volontà di dare battaglia contro chi ha desertificato la Sardegna, contro chi ha portato le banche nel baratro dei 140 miliardi di sofferenze, che ora vorrebbe scaricare sui lavoratori
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A F?RA A F?RA SA RAZZA ISFRUTTAD?RA!

Dalla regione più martoriata dalla crisi una forte volontà di dare battaglia contro chi ha desertificato la Sardegna, contro chi ha portato le banche nel baratro dei 140 miliardi di sofferenze, che ora vorrebbe scaricare sui lavoratori
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“Questa crisi sta cancellando letteralmente il nostro sistema produttivo fatto essenzialmente di piccola e media impresa che in questo contesto economico ha difficoltà anche per mancanza di investimenti in sviluppo e ricerca, a sostenere la competitività di un economia globale.
Il tragico è stato ed è che il sistema bancario italiano non sostiene più questo tipo di impresa”.
Non ha dubbi, Vittorio Carta Mantiglia, segretario coordinatore della FABI di Sassari, che nella sua relazione introduttiva al congresso provinciale sostiene che le banche italiane devono cambiare nettamente passo, rafforzando il loro patrimonio, ma soprattutto ridurre gli investimenti sui titoli di Stato per tornare a sostenere famiglie e imprese. I loro soci e, in particolare le fondazioni, invece, devono “evitare di interferire” nel governo societario degli istituti e nelle scelte imprenditoriali.
Ma le difficoltà nel sistema creditizio non sono destinate a essere riassorbite rapidamente, come noto a tutti, purtroppo.
Poi il coordinatore della FABI sassarese accusa: “I rischi della partecipazione delle banche al capitale delle aziende ha dato luogo ad atteggiamenti collusivi”.
I nomi dei destinatari di prestiti facili e senza garanzie sono quelli pubblicati da tutta la stampa e le sofferenze che ne sono derivate (circa 140 miliardi!!!) ora rischiano di affondare il sistema.
Altro che costi del personale, come vorrebbe dare a bere alla pubblica opinione l’ineffabile Patuelli, presidente di Abi…!
In realtà, il 73% dello spaventoso debito è da attribuire unicamente alle direzioni generali, ai consigli di amministrazione, alle fondazioni, che hanno erogato crediti sulla parola, dai 125mila € in su, visto che è di loro esclusiva competenza e responsabilità.
E così si vorrebbe aggiungere al danno la beffa, perché, mentre il lavoratore bancario quando sbaglia pu ò perdere anche il posto di lavoro, i manager che sbagliano rimangono al loro posto. Strapagati e impuniti. Alla faccia dell’etica e della responsabilità sociale d’azienda.
La FABI, da tempo, propone un nuovo modello di banca, progettato da persone competenti e al di sopra delle parti, che sia più attento ai bisogni delle piccole e medie imprese, ai territori, alle famiglie. Un modello di banca che chiuda definitivamente alle mille poltrone nei consigli di amministrazione, che dica “basta” a organi amministrativi pletorici; che veda una semplificazione amministrativa e una maggiore responsabilizzazione dei singoli consiglieri, garantendo la funzionalità degli organi collegiali ed eliminando le consulenze esterne per accontentare amici e padrini, nonché i troppi costi inutili.
Poi Vittorio Carta Mantiglia affronta i problemi che affliggono la sua cara Sardegna, dove “La disoccupazione giovanile è salita al 44%: l’isola è stata letteralmente desertificata dal punto di vista lavorativo”.
Due generazioni di giovani sono state letteralmente bruciate, perché non trovano occupazione; le migliori risorse umane vanno all’estero e prestano il loro lavoro ad altri stati, che per la loro formazione non hanno speso neppure un euro.
In effetti, più ancora che nel resto del Paese, in Sardegna la crisi è devastante: il petrolchimico è ridotto al lumicino, il tessile chiuso, l’alluminio chiuso, la cantieristica chiusa, le fabbriche di beni chiuse.
E banche che fanno? “Il sistema bancario isolano oramai ha la sua testa oltre Tirreno, le decisioni per quanto riguarda il credito in Sardegna, le prendono altri, in un contesto completamente avulso dai problemi isolani” – denuncia a gran voce Carta Mantiglia, che vede nel sindacato l’unico soggetto pronto a dar voce ai lavoratori, ai poveri cristi, ai dimenticati, agli ultimi di questa società dell’immagine, dove chi non appare non esiste neppure.
Il ruolo che il sindacato ha e deve continuare ad avere, secondo il coordinatore sassarese, è quello istituzionale di stare sui territori, di dare voce a chi non ce l’ha, di denunciare le storture, di cercare di risolvere i problemi, soprattutto quelli molto difficili, portandoli alla ribalta della cronaca, con ferrea determinazione.
“Certo essere sindacato con un governo cosi debole e instabile – continua Vittorio Carta Mantiglia – ora anche delegittimato dalla Consulta, è un impresa ciclopica, ma la forza delle ragioni e la fiducia dei lavoratori hanno fatto del nostro sindacato autonomo il primo del settore, facendolo diventare principale attore nel confronto con la parte datoriale, con la politica e con le altre organizzazioni sindacali”.
Tuttavia, la speranza appena accennata, sembra morire, se si pensa alla disdetta del Contratto Nazionale,con ben 10 mesi di anticipo rispetto alla naturale scadenza.
“L’ABI (ora anche Federcasse) vuole portarci verso una balcanizzazione della categoria – dice Carta Mantiglia, perché se entro giugno non otterremo un contratto, arriveremo ad una situazione in cui ogni Gruppo, ogni banca, si farà il proprio contratto aziendale. Esattamente come ha fatto Marchionne in Fiat”.
Che cosa significa? Significa che i lavoratori e il sindacato perderanno l’unico strumento utile per difendere la categoria.
Per questo, Vittorio Carta Mantiglia non ha dubbi sulla necessità di conquistare il contratto, mettendo in campo tutta la forza possibile, perché “La guerra che ci accingiamo a combattere non è per rivendicare un trattamento economico migliore, ma per affermare il nostro diritto ad avere un contratto a tutela della categoria”.
Ovvi gli accenni anche alla situazione di Equitalia, dove i partiti politici hanno fatto campagna elettorale e i media hanno preso di mira l’azienda come se fosse responsabile dell’intera crisi del paese.
“Certi giorni – lamenta sconsolato Carta Mantiglia – si è quasi arrivati a far credere alla gente che, se Equitalia fosse scomparsa, non si sarebbero più pagate le tasse: un vero delirio”.
Ma siamo in Italia e non ci meravigliamo più di nulla.
Alla fine, ringraziamenti a profusione per tutti i collaboratori e per gli iscritti, che continuano a garantire alla FABI appoggio e fiducia.
Cumpanzi de banca, aj ò!
Sassari, 13/12/2013
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