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RIFORMA POPOLARI, SILEONI RISPONDE A RENZI
 
                                L'appello del leader della FABI al Presidente del Consiglio: "No alla trasformazione delle Popolari in S.p.A.. Così si creano condizioni per ulteriori tagli. In 15 anni, nel totale disinteresse dei partiti, persi 68mila posti di lavoro nel settore del credito"
IL SOLE 24 ORE sabato 17 gennaio 2015
Banche popolari, in arrivo la riforma societaria: nel mirino il voto capitario - Il governo riforma le banche popolari. L'esecutivo avrebbe deciso di inserire del Dl Investimenti, il cosiddetto "Investment compact", atteso nel Consiglio dei ministri di martedì prossimo, l'abolizione del voto capitario. A essere abrogato sarebbe l'intero articolo 30 del Testo unico bancario.
Ferrando, Fotina
La norma è brevissima, appena due commi, ma va a colpire le banche popolari nel cuore: il voto capitario, cancellandolo. Secondo quanto appreso da Il Sole 24 Ore, è una delle riforme di ambito bancario destinate a entrare nel Dl investimenti, il cosiddetto "Investment compact", che è atteso in Consiglio dei ministri martedì prossimo.
 Nel dettaglio, il Governo avrebbe deciso di prelevare e inserire nell'Investment compact alcuni articoli dal disegno di legge sulla concorrenza attualmente in fase di stesura al ministero dello Sviluppo economico (su input dell'Antitrust), e tra queste ci sarebbe anche il mini-articolo sulle popolari: nella formulazione che Il Sole 24 Ore ha avuto modo di consultare è contenuta l'abrogazione dell'intero articolo 30 del Testo unico bancario, quello che disciplina i soci delle banche popolari. Cancellare quell'articolo, con i suoi otto commi, significa cancellare il voto capitario («Ogni socio ha un voto, qualunque sia il numero delle azioni possedute»), il tetto dell'1% per le partecipazioni dei singoli soci, il numero minimo di soci (pari a 200). Il secondo comma del decreto potrebbe prevedere anche l'eliminazione delle eccezioni rispetto alle disposizioni generali consentite alle popolari sulle deleghe di voto, ma nei fatti si tratta di poca cosa: la norma deflagrante è l'abolizione del voto capitario, che nei fatti significherebbe trasformare le banche popolari in spa. Stando alla bozza del ddl concorrenza non sarebbero previste novità sulle Bcc, ma da fonti governative non si esclude un intervento anche su quel versante.
«Ci sono tantissime banche e
 pochissimo credito, soprattutt ò per le piccole e medie imprese», ha osservato ieri Matteo Renzi nella direzione Pd, di fatto annunciando un provvedimento che razionalizzerà il settore del credito. In effetti, la cancellazione del voto capitario potrebbe avere l'effetto di facilitare tutte le operazioni straordinarie, quelle che di norma non incontrano il favore delle maxi-assemblee piene di piccoli soci: aumenti di capitale e, soprattutto, aggregazioni. «Non abbiamo avuto paura di intervenire sul numero di parlamentari, non avremo paura di farlo sul numero dei banchieri», ha rincarato la dose il premier. Non c'è dubbio che un eventuale riforma di questo tipo non sarà povera di reazioni, e non solo da parte dei banchieri: già ieri, al diffondersi delle prime voci al riguardo, si è subito pronunciato il segretario generale della Fabi, Lando Sileoni: «Se Renzi vuole diminuire i banchieri faccia pure, ma riformare le banche popolari, le banche di credito cooperativo e le banche locali, che hanno sempre sostenuto l'economia dei territori, trasformandole in spa è un errore perché inevitabilmente si creerebbero le condizioni per ulteriori tagli del personale e di numeri importanti in tema di esuberi».
Tuttavia, nel pacchetto bancario dell'Investment compact non ci sono solo le popolari ma anche i conti correnti e i fondi pensione: sul primo versante, per aumentare il tasso di mobilità della clientela, si punta a integrare la normativa sulla trasparenza bancaria rendendo obbligatorio a 15 giorni il termine entro cui il trasferimento di un conto corrente da un istituto all'altro; per chi non adempie, scatterà l'obbligo di risarcire il cliente; altre norme, poi, riguardano la comparabilità delle condizioni applicate dalle banche nonché la portabilità dei fondi pensione. Sempre sul tema credito, si lavora per perfezionare il pacchetto di norme relativo al Fondo centrale di garanzia (si veda Il Sole 24 Ore del 7 gennaio). L'idea principale è far sì che il Fondo possa garantire anche titoli derivanti da cartolarizzazione che abbiano ad oggetto crediti nei confronti delle piccole e medie imprese. Una mossa che spianerebbe la strada all'acquisto da parte della Bce delle cosiddette tranche mezzanine di titoli derivanti da cartolarizzazione (Abs), purché dotati di garanzia statale. Nell'ultima bozza dell'Investment compact si specifica che le cartolarizzazioni dovrebbero avere ad oggetto crediti "in bonis". Ma sono in corso verifiche per evitare che l'apertura agli Abs assorba troppe risorse dal Fondo, penalizzando le altre operazioni che vengono tradizionalmente effettuate per le Pmi. Nel frattempo, il decreto dovrebbe ridurre a un massimo del 60% dal precedente 80% la copertura della garanzia diretta su ogni singola operazione.
 Rinviata, invece, la riforma delle Fondazioni: in questo caso la palla resta al Mef, dove è in fase di stesura l'atto negoziale che sarà sottoposto all'Acri. © RIPRODUZIONE RISERVATA Marco Ferrando e Carmine Fotina
MF-MILANO FINANZA sabato 17 gennaio 2015
Notizie dell'ultima settimana
CORRIERE DELLA SERA sabato 17 gennaio 2015
Il  governo:  troppi  banchieri,  poco  credito - Il  premier:  abbiamo  in  cantiere  un  provvedimento  importante.  L'ipotesi  ipotesi  di  riforma  delle  Popolari - Nel  pacchetto  sugli  investimenti  anche  le  misure  per  trasferire  senza  oneri  i  conti  correnti
 
Il  governo  vuole  tenere  le  carte  coperte  fino  alla  discussione  del  provvedimento,  il  decreto  per  agevolare  gli  investimenti,  che  andrà  all'esame  esame  del  Consiglio  dei  ministri  probabilmente  martedì  prossimo.  Ma  è  lo  stesso  presidente  del  Consiglio,  Matteo  Renzi,  ad  annunciare  ieri  le  grosse  novità  in  arrivo  per  il  sistema  bancario.  «Non  abbiamo  avuto  paura  di  intervenire  sul  numero  dei  parlamentari,  non  dobbiamo  averla  di  intervenire  sul  numero  dei  banchieri:  ci  sono  troppi  banchieri  e  poco  credito  per  le  piccole  e  medie  imprese»  ha  detto  Renzi  annunciando  appunto  un  «provvedimento  importante»  sul  ruolo  del  credito.  Ci  sarà  dunque  un  taglio  delle  poltrone  nei  consigli  di  amministrazione  delle  aziende  di  credito,  organismi  in  molti  casi  «pletorici»  anche  secondo  il  governatore  della  Banca  d'Italia  Italia,  Ignazio  Visco?  Lo  sfoltimento  dei  manager  bancari  in  realtà  dovrebbe  essere  solo  il  risultato  degli  interventi  immaginati  dal  governo  che  punterebbero  a  favorire  le  aggregazioni  tra  le  banche  minori  o  più  deboli,  in  modo  da  rafforzarne  il  capitale  allargando  di  conseguenza  la  loro  possibilità  di  far  credito  alle  imprese.  In  particolare  Renzi  e  il  ministro  dell'Economia  Economia,  Pier  Carlo  Padoan,  guarderebbero  alle  Popolari  e  alle  banche  cooperative  e  alla  riforma  delle  rispettive  strutture  societarie  nell'ottica  ottica  di  favorirne  la  trasformazione  in  Spa.  Sono  anni  in  realtà  che  i  governi,  spinti  anche  dal  pressing  di  Bankitalia,  tentano,  senza  riuscirci,  di  cambiare  l'architettura  architettura  delle  popolari  e  di  modificare  la  governance  delle  banche  cooperative,  spesso  anche  di  piccolissime  dimensioni,  per  adeguarle  alle  mutate  esigenze  del  mercato  e  soprattutto  per  metterle  in  sicurezza  rispetto  ai  danni  provocati  dalla  prolungata  crisi  economica,  primo  fra  tutti  l'esplosione  esplosione  delle  sofferenze,  cioè  dei  finanziamenti  non  rimborsati.  Ora  Renzi  annuncia  di  volerci  riprovare  iniziando  dall'eliminazione  eliminazione  dell'ostacolo  ostacolo  più  resistente,  il  voto  capitario  per  ogni  socio,  qualunque  sia  il  numero  delle  azioni  possedute,  per  proseguire  col  tetto  al  possesso  azionario,  col  vincolo  del  numero  minimo  di  200  soci  e  con  le  norme  sulle  deleghe  della  rappresentanza  in  assemblea  da  parte  dei  soci.  Il  provvedimento  dovrebbe  poi  contenere  alcune  misure  a  favore  del  risparmio  e  per  facilitare  la  portabilità  dei  conti  correnti,  in  particolare  per  quel  che  riguarda  il  trasferimento  dei  servizi  di  pagamento  connessi  al  rapporto,  senza  spese  aggiuntive  e  con  penalità  per  le  banche  che  non  ottemperano.  E  dovrebbe  prevedere  la  garanzia  dello  Stato  sulle  cartolarizzazioni  di  prestiti  bancari  (Abs)  di  buona  qualità  per  consentirne  l'acquisto  acquisto  da  parte  della  Bce.  E  mentre  il  presidente  dei  Federcasse,  Alessandro  Azzi,  si  dice  pronto  a  «dare  ulteriormente  il  nostro  contributo  di  esperienze,  di  idee  e  di  numeri»,  i  sindacati  bancari  chiedono  al  governo  di  evitare  la  trasformazione  delle  Popolari  in  Spa.  «Sarebbe  un  errore  perché  inevitabilmente  si  creerebbero  le  condizioni  per  ulteriori  tagli  del  personale  e  per  nuovi  esuberi  in  un  settore  dove  nel  totale  disinteresse  dei  partiti  sono  stati  persi  in  15  anni  68  mila  posti  di  lavoro»  afferma  il  segretario  generale  della  Fabi,  Lando  Sileoni.  Stefania  Tamburello 
LA REPUBBLICA sabato 17 gennaio 2015
Via  alla  riforma  delle  banche  popolari  Arriverà  martedì  prossimo  con  il  decreto  investimenti  per  favorire  il  loro  consolidamento  con  un  diverso  assetto  societario - Novità  anche  sul  risparmio:  verrà  agevolato  il  trasferimento  da  un  conto  all'altro  altro.  Interventi  sulle  commissioni
VOTO  CAPITARIO  Nelle  banche  popolari  per  statuto  vige  il  voto  capitario,  cioè  ogni  socio  ha  diritto  a  un  voto - CONTI  CORRENTI  Con  le  nuove  norme  diventerà  più  semplice  spostare  il  conto  corrente  da  una  banca  a  un'altra  altra - RISPARMIO  GESTITO  Allo  studio  del  governo  anche  un  cambiamento  della  struttura  delle  commissioni  sul  risparmio  gestito 
MILANO. Blitz di Matteo Renzi nel mondo del credito e, più in particolare, nel mondo delle popolari e del credito cooperativo (le Bcc). Secondo rumors di stampa, il "luogo" in cui si concretizzerà il tentativo di dare la spallata al sistema è il decreto legge sull'Investment - compact che arriverà in consiglio dei ministri martedì. Un blitz, se sarà così, custodito molto gelosamente, tanto che nelle bozze del provvedimento circolate finora non ve ne è traccia. Il presidente del Consiglio era partito nel pomeriggio, con una dichiarazione piuttosto lapidaria. «Non abbiamo avuto paura di intervenire sul numero dei parlamentari, non ce l'abbiamo abbiamo neanche di intervenire sul numero dei banchieri. Ci sono troppi banchieri e poco credito per le piccole e medie imprese», aveva detto. Ma nei giorni scorsi erano a lungo circolate indiscrezioni sul fatto che il governo stesse pensando ad una riforma delle banche popolari, in sintonia del resto con quanto più volte era stato sollecitato dallo stesso governatore della Banca d'Italia Italia Ignazio Visco. Quello che è sicuro è che l'Investment compact conterrà misure per facilitare l'accesso accesso al credito da parte delle piccole e medie imprese e lo stesso rilancio delle Pmi, attraverso formule che richiamino gli investimenti, specie quelli esteri. Ma nel decreto legge ci saranno anche soluzioni pensate per agevolare il risparmio, dalle misure per cambiare conto corrente a - forse - iniziative sulle commissioni sul risparmio gestito. Top secret invece sulle norme che riguarderebbero le banche popolari. Di una loro riforma si parla da almeno un paio di decenni e finora qualsiasi tentativo organico di rinnovare in modo profondo il settore si è infranto contro un muro - spesso trasversale - di contrarietà in Parlamento. E' tra le riforme più difficili da far passare e non è chiaro come Renzi voglia perseguire l'obiettivo obiettivo di promuovere aggregazioni nel settore (e forse facilitare anche qualche intervento di salvataggio- matrimonio con spa). Occorre tener presente infatti che alcune popolari sono quotate ed hanno dimensioni importanti, ma si muovono ancora secondo logiche spesso auto- referenziali dei vertici e con una struttura di voto capitario che rende farraginoso far passare ipotesi di cambiamento e di aggregazione in assemblea. Il concetto di una testa- un voto, a prescindere dal numero di azioni posseduto, ha portato spesso il sistema ad ingessarsi, rendendo arduo il cambiamento. Anche il numero delle deleghe è limitato (nonostante sia stato elevato negli anni). Da registrare infine l'immediata immediata reazione dei sindacati, che dalla Fabi alla Uilca si sono detti preoccupati per i riflessi occupazionali di un'eventuale eventuale trasformazione delle popolari in spa e da una riduzione del numero di banche presenti sul territorio mentre Alessandro Azzi, presidente di Federcasse ha detto:« Se i provvedimenti saranno orientati ad agevolare il credito alle Pmi potremo dare ulteriormente il nostro contributo di esperienze, di idee e di numeri».
MILANO. Blitz di Matteo Renzi nel mondo del credito e, più in particolare, nel mondo delle popolari e del credito cooperativo (le Bcc). Secondo rumors di stampa, il "luogo" in cui si concretizzerà il tentativo di dare la spallata al sistema è il decreto legge sull'Investment - compact che arriverà in consiglio dei ministri martedì. Un blitz, se sarà così, custodito molto gelosamente, tanto che nelle bozze del provvedimento circolate finora non ve ne è traccia. Il presidente del Consiglio era partito nel pomeriggio, con una dichiarazione piuttosto lapidaria. «Non abbiamo avuto paura di intervenire sul numero dei parlamentari, non ce l'abbiamo abbiamo neanche di intervenire sul numero dei banchieri. Ci sono troppi banchieri e poco credito per le piccole e medie imprese», aveva detto. Ma nei giorni scorsi erano a lungo circolate indiscrezioni sul fatto che il governo stesse pensando ad una riforma delle banche popolari, in sintonia del resto con quanto più volte era stato sollecitato dallo stesso governatore della Banca d'Italia Italia Ignazio Visco. Quello che è sicuro è che l'Investment compact conterrà misure per facilitare l'accesso accesso al credito da parte delle piccole e medie imprese e lo stesso rilancio delle Pmi, attraverso formule che richiamino gli investimenti, specie quelli esteri. Ma nel decreto legge ci saranno anche soluzioni pensate per agevolare il risparmio, dalle misure per cambiare conto corrente a - forse - iniziative sulle commissioni sul risparmio gestito. Top secret invece sulle norme che riguarderebbero le banche popolari. Di una loro riforma si parla da almeno un paio di decenni e finora qualsiasi tentativo organico di rinnovare in modo profondo il settore si è infranto contro un muro - spesso trasversale - di contrarietà in Parlamento. E' tra le riforme più difficili da far passare e non è chiaro come Renzi voglia perseguire l'obiettivo obiettivo di promuovere aggregazioni nel settore (e forse facilitare anche qualche intervento di salvataggio- matrimonio con spa). Occorre tener presente infatti che alcune popolari sono quotate ed hanno dimensioni importanti, ma si muovono ancora secondo logiche spesso auto- referenziali dei vertici e con una struttura di voto capitario che rende farraginoso far passare ipotesi di cambiamento e di aggregazione in assemblea. Il concetto di una testa- un voto, a prescindere dal numero di azioni posseduto, ha portato spesso il sistema ad ingessarsi, rendendo arduo il cambiamento. Anche il numero delle deleghe è limitato (nonostante sia stato elevato negli anni). Da registrare infine l'immediata immediata reazione dei sindacati, che dalla Fabi alla Uilca si sono detti preoccupati per i riflessi occupazionali di un'eventuale eventuale trasformazione delle popolari in spa e da una riduzione del numero di banche presenti sul territorio mentre Alessandro Azzi, presidente di Federcasse ha detto:« Se i provvedimenti saranno orientati ad agevolare il credito alle Pmi potremo dare ulteriormente il nostro contributo di esperienze, di idee e di numeri».
IL MESSAGGERO sabato 17 gennaio 2015
Banche popolari, addio al voto capitario - `Il governo già pronto a inserire la riforma nell'Industrial Industrial compact
ROMA  L'annuncio  annuncio,  a  sorpresa,  è  arrivato  direttamente  da  Matteo  Renzi.  Parlando  alla  direzione  del  Partito  Democratico,  ieri  il  premier,  con  il  suo  stile  diretto,  ha  spiegato  che  «nelle  prossime  settimane  arriverà  un  provvedimento  sul  credito».  Sui  contenuti  Renzi  è  stato  sibillino.  «Non  ab-  biamo  avuto  paura  di  intervenire  sul  numero  di  parlamentari  - ha  detto  - non  avremo  paura  di  farlo  sul  numero  dei  banchieri.  Ci  sono  tantissime  banche  e  pochissimo  credito».  L'intervento  intervento  di  razionalizzazione  del  sistema  creditizio  sarà  inserito  nel  provvedimento  ribattezzato  Industrial  compact.  Ma  più  che  di  una  razionalizzazione,  se  le  premesse  saranno  rispettate,  si  pu ò  parlare  di  una  vera  e  propria  rivoluzione.  Il  governo  ha  infatti  deciso  di  rimettere  mano  ad  una  materia  i  cui  tentativi  di  riforma  si  sono  infranti  sugli  scogli  del  Parlamento  che  da  sempre  ha  agito  come  un  freno  a  qualsiasi  tentativo  di  modernizzazione  del  settore.  Si  tratta  delle  Banche  Popolari  e  di  quelle  di  Credito  Cooperativo.  Nel  pacchetto  di  interventi  sul  sistema  del  credito,  di  cui  il  Messaggero  ha  potuto  visionare  una  bozza,  viene  completamente  abrogato  l'articolo  articolo  30  del  Testo  unico  delle  leggi  in  materia  bancaria  e  creditizia,  di  fatto  sancendo  la  cancellazione  del  voto  capitario  e  di  tutti  i  limiti  al  possesso  di  titoli  per  i  singoli  azionisti.  In  altre  parole,  la  piena  equiparazione  delle  Popolari  a  delle  normalissime  società  per  azioni.  Come  detto,  ben  più  di  una  riforma.  Una  rivoluzione.  Ma  una  rivoluzione  auspicata  da  lunghissimo  tempo  dalla  Banca  d'Italia  Italia  e  spinta  anche  dalla  Bce,  la  Banca  centrale  europea.  IL  PROGETTO  Solo  qualche  settimana  fa,  Fabio  Panetta,  vice  direttore  della  Banca  d'Italia  Italia  e  membro  del  board  del  Meccanismo  di  vigilanza  unico  presso  la  Bce,  proprio  al  Messaggero  aveva  sottolineato  come  «il  problema  di  una  governance  adeguata  per  le  banche  popolari  di  maggiore  dimensione»,  fosse  «stato  sollevato  dalla  Banca  d'Italia  Italia  da  tempo.  Ostacoli  al  reperimento  di  capitale  - aveva  aggiunto  Panetta  - sono  del  resto,  nel  contesto  che  si  va  delineando,  sempre  meno  sostenibili».  L'Industrial  Industrial  compact  del  governo,  che  prenderà  probabilmente  la  forma  di  un  decreto  legge,  risponderà  proprio  a  queste  esigenze,  facendo  partire  anche  probabilmente  un  risiko,  un  consolidamento  del  settore,  da  tempo  auspicato  dallo  stesso  governatore  della  Bce,  Mario  Draghi.  Con  l'abrogazione  abrogazione  dell'articolo  articolo  30  del  Testo  unico  bancario,  salta,  come  detto,  il  principio  di  una  testa  un  voto,  che  per  lungo  tempo  ha  permesso  a  pochi  gruppi  organizzati  (talvolta  formati  dai  dipendenti  della  banca  stessa,  si  veda  il  caso  Bpm)  di  controllare  società  di  rilevanti  dimensioni  quotate  in  Borsa.  Ma  saltano  anche  i  limiti  all'investimento  investimento  da  parte  di  fondi  specializzati  e  altri  operatori  istituzionali  che  oggi,  al  massimo,  potevano  arrivare  a  detenere  il  3%  del  capitale.  La  bozza  di  norma  predisposta  dal  governo  interviene  anche  sulla  raccolta  delle  deleghe.  Dal  Testo  unico  degli  intermediari  finanziari  viene  infatti  eliminata  la  limitazione  per  le  società  cooperative.  Dunque,  anche  per  Popolari  e  Bcc  ci  sarà  piena  libertà  di  raccogliere  deleghe  di  voto  per  determinare  poi  le  sorti  delle  assemblee.  Ma  l'intervento  intervento  che  Renzi  insieme  ai  ministri  Padoan  e  Guidi  sta  mettendo  a  punto,  non  si  limita  solo  alle  Popolari.  Incide  anche  sul  tema  caldo  delle  Fondazioni.  Nella  bozza  del  provvedimento  è  previsto  un  termine  di  180  giorni  affinchè  queste  ultime  possano  adeguare  gli  statuti  alle  regole  della  legge  Draghi  del  1999  sulla  governance,  rispettando  dunque  i  requisiti  di  onorabilità  e  attuando  il  provvedimento  alla  lettera  dove  pone  un  divieto  assoluto  di  incrocio  tra  poltrone  situate  nelle  Fondazioni  e  «cariche  negli  organi  gestionali,  di  sorveglianza  e  di  controllo  o  di  funzioni  di  direzione  di  società  concorrenti  della  società  bancaria  conferitaria  o  di  società  del  suo  gruppo».  
LE REAZIONI Ieri il primo ad alzare le barricate a qualsiasi ipotesi di riforma delle banche popolari da parte del governo, è stato il segretario della Fabi, il sindacato più rappresentativo dei bancari, Lando Sileoni. «Nel totale disinteresse dei partiti - ha detto - abbiamo perso in 15 anni 68 mila posti di lavoro. Se il presidente Renzi vuole diminuire i banchieri - ha aggiunto Sileoni - faccia pure, ma riformare le banche popolari, le banche di credito cooperativo e le banche locali che hanno sempre sostenuto l'economia economia del territorio, trasformandole in spa, è un errore perché inevitabilmente si creerebbero le condizioni per ulteriori tagli del personale e di numeri importanti in tema di esuberi». La strada per approvare la norma è ancora lunga. Prima il decreto dovrà essere approvato in Consiglio dei ministri. Poi sarà trasferito in Parlamento, dove entro sessanta giorni dovrà essere convertito. Tra Camera e Senato, Banche Popolari e Fondazioni, molto legate ai territori, hanno sempre trovato orecchie attentissime alle loro istanze conservative. Andrea Bassi © RIPRODUZIONE RISERVATA
LE REAZIONI Ieri il primo ad alzare le barricate a qualsiasi ipotesi di riforma delle banche popolari da parte del governo, è stato il segretario della Fabi, il sindacato più rappresentativo dei bancari, Lando Sileoni. «Nel totale disinteresse dei partiti - ha detto - abbiamo perso in 15 anni 68 mila posti di lavoro. Se il presidente Renzi vuole diminuire i banchieri - ha aggiunto Sileoni - faccia pure, ma riformare le banche popolari, le banche di credito cooperativo e le banche locali che hanno sempre sostenuto l'economia economia del territorio, trasformandole in spa, è un errore perché inevitabilmente si creerebbero le condizioni per ulteriori tagli del personale e di numeri importanti in tema di esuberi». La strada per approvare la norma è ancora lunga. Prima il decreto dovrà essere approvato in Consiglio dei ministri. Poi sarà trasferito in Parlamento, dove entro sessanta giorni dovrà essere convertito. Tra Camera e Senato, Banche Popolari e Fondazioni, molto legate ai territori, hanno sempre trovato orecchie attentissime alle loro istanze conservative. Andrea Bassi © RIPRODUZIONE RISERVATA
IL GIORNALE sabato 17 gennaio 2015
CREDITO  Martedì  il  provvedimento  su  coop  e  bcc - Renzi  «piccona»  le  banche  popolari - Pronta  la  riforma - Il  premier:  «I  banchieri  sono  troppi».  Ma  il  riassetto  faciliterà  il  salvataggio  del  Monte  Paschi.  Il  nodo  Bce
Massimo  Restelli 
Il  governo  Renzi  prepara  un  intervento  manu  militari  per  riformare  il  mondo  delle  banche  popolari  e  fare  (forzatamente)  accorpare  le  centinaia  di  Bcc  che  punteggiano  il  territorio  nazionale.  Nelle  «prossime  settimane  arriverà  un  provvedimento  sul  credito»,  ha  detto&nbs



