L'Organizzazione Sindacale impegnata su più fronti: Intesa Sanpaolo-ex Venete, Monte dei Paschi, UBI. Nuovi Piani industriali e ristrutturazioni da affrontare, le dichiarazioni della FABI riprese dalla stampa di oggi. Leggi gli articoli
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TRATTATIVE APERTE, LA FABI IN PRIMA LINEA

L’Organizzazione Sindacale impegnata su più fronti: Intesa Sanpaolo-ex Venete, Monte dei Paschi, UBI. Nuovi Piani industriali e ristrutturazioni da affrontare, le dichiarazioni della FABI riprese dalla stampa di oggi. Leggi gli articoli
TRATTATIVE APERTE, LA FABI IN PRIMA LINEA
L'Organizzazione Sindacale impegnata su più fronti: Intesa Sanpaolo-ex Venete, Monte dei Paschi, UBI. Nuovi Piani industriali e ristrutturazioni da affrontare, le dichiarazioni della FABI riprese dalla stampa di oggi. Leggi gli articoli

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Sole 24 Ore 07/07/2017
Venete, in ottobre possibili prime uscite
Mentre a Siena a Rocca Salimbeni il ceo di Mps, Marco Morelli e la responsabile delle risorse umane, Ilaria dalla Riva, incontravano i sindacati per avviare la trattativa dopo il via libera al piano da parte della Ue, nelle stesse ore è partita anche la trattativa con cui Intesa Sanpaolo porterà avanti l’integrazione delle ex Banca Popolare di Vicenza Veneto Banca. Nel caso delle banche venete si tratta di un quadro nuovo che la delegazione trattante di Intesa Sanpaolo ha definito «senza precedenti in Europa». La banca ha innanzitutto ribadito i numeri e cioè la chiusura di 600 filiali sulle 900 del perimetro delle Venete e la riduzione di circa 3.900 risorse attraverso l’esodo volontario. Mille risorse saranno nel perimetro ex Banche Venete e saranno quelle che maturano il diritto entro il 31 dicembre 2024. Le prime uscite potrebbero avvenire già in ottobre del 2017. Nel negoziato saranno coinvolti anche circa tremila lavoratori di Intesa Sanpaolo che maturano il diritto entro il 31 dicembre 2022. Ieri la banca ha anche comunicato la prima decisione operativa con la costituzione della direzione regionale delle ex banche venete dove confluiranno attività, passività e rapporti giuridici provenienti dalle due ex Banche. Nel perimetro Intesa Sanpaolo arriveranno tutte le società acquisite rientranti nel perimetro ex Banche venete. Sul fronte del welfare, i lavoratori manterranno i loro trattamenti collettivi e i trattamenti individuale percepiti al 30 giugno del 2017. «Un primo approccio – interpreta il segretario generale aggiunto della Fabi, Mauro Bossola – per una trattativa che deve confermare garanzie e prospettive per i colleghi e le colleghe delle ex banche venete nel nuovo perimetro di Intesa Sanpaolo». Spostandoci a Siena nel primo confronto sono stati precisati i numeri: nelle 5.500 uscite da realizzare nell’arco di piano (2017-2021) sono incluse le 600 già concordate, le 750 che avverranno per effetto del turn over, le 450 delle sedi esteri Quindi il negoziato interesserà 3.700 uscite che saranno volontarie, ci tiene a precisare Antonio Damiani della Fisac-Cgil. E aggiunge: «Vogliamo monitorare la situazione e il raggiungimento di quegli obiettivi per valutare anche la contrattazione di eventuali correttivi da apportare». C.Cas.
Corriere di Arezzo 07/07/2017
Ubi-Banca Etruria Esuberi e filiali: si tratta
AREZZO – La trattativa tra Ubi e i sindacati è iniziata. Sul tavolo, ieri a Bergamo, non mancavano i dossier: esuberi, filiali, esternalizzazioni. E, guardando ad Arezzo, il futuro della ormai ex Banca Etruria. L’acquisizione definitiva è fissata per la fine dell’anno. Ma prima c’è un nodo grande così da affrontare: quello del personale e, più complessivamente, del piano industriale di Ubi che deve tener conto, appunto, dell’arrivo di Etruria, Banca Marche e CariChieti. A Bergamo ieri i vertici della banca erano rappresentati dal vicedirettore generale vicario, Elvio Sonnino, e dal responsabile delle risorse umane, Mario Napoli. C’erano anche i rappresentanti sindacali di Via Calamandrei: Fisac Cgil, Fist Cisl, Fabi e Uilca. “Un incontro interlocutorio. Confermati i numeri annunciati, ma adesso vogliamo un confronto sul dettaglio del piano industriale”: questa, se si pu ò fare una sintesi, la posizione dei sindacati aretini. Tra una settimana si toma al tavolo. Due date in agenda: mercoledì e giovedì. E in quei giorni la trattativa scenderà nel dettaglio delle questioni. “C’è delusione e preoccupazione – non nasconde Fabio Faltoni, segretario provinciale della Fabi – Ci aspettavamo un incontro più carico di contenuti. La preoccupazione è per tutti gli aspetti che non sono stati approfonditi, a partire dal numero dei 1.318 esuberi (relativo al complesso del gruppo bancario lombardo, ndr) o i dati relativi al futuro numero delle filiali, al loro dimensionamento, all’organizzazione”. “E’ stato un incontro interlocutorio – sottolinea Elisa Artuso della Fist Cisl – ma è anche importante aver iniziato. Sarà una trattativa lunga, complessa. I temi da affrontare sono molteplici”. Maria Agueci (Fisac Cgil) puntualizza: “Ci sono stati forniti dei numeri dei quali eravamo già a conoscenza. Vogliamo sapere quali sono le filiali da chiudere, quali sono i criteri per la riorganizzazione delle nuove macroaree, dove saranno le direzioni territoriali e i poli di lavorazione. Siamo disponibili al confronto, ma su un piano organico e dettagliato”. “Auspichiamo un confronto costruttivo e responsabile – hanno commentato Fulvio Furlan e Claudia Dabbene della Uilca – in cui l’azienda non smentisca una tradizione di relazioni sindacali corrette e trasparenti. Abbiamo espresso ferma contrarietà al ricorso alle esternalizzazioni “. Intanto, su un altro fronte, quello dei risparmiatori, il Comitato azzerati dal Salvabanche ha annunciato che martedì 11 luglio una delegazione sarà ricevuta dal gruppo Ubi, in un incontro che si terrà nel centro direzionale di Via Calamandrei. M.A.
Eco di Bergamo 07/07/2017
Piano industriale Ubi. Tornano i timori sulle esternalizzazioni
Come si dice in questi casi, l’incontro è stato interlocutorio. Perché i sindacati ancora non hanno ricevuto dall’azienda – Ubi Banca – i dettagli che chiedono rispetto al piano industriale 2019-2020. Certo, considerando che a luglio le parti si incontreranno ogni mercoledì e giovedì, nelle prossime settimane è plausibile che il quadro si farà più chiaro. Nel frattempo, rispetto all’allargamento della delegazione sindacale trattante, al tavolo siederà un delegato in più per ognuna delle sette sigle (Fabi, First-Cisl, Fisac-Cgil, Sinfub, Ugl, UilcaUil e Unisin) rispetto ai tre chiesti dai sindacati. Se da una parte «apprezziamo la volontà dell’azienda di voler gestire la riorganizzazione esclusivamente con strumenti volontari», come afferma Andrea Battistini della First-Cisl, «siamo invece molto preoccupati per la riduzione di 1.318 risorse che potrebbe essere effettuata, secondo la banca, anche attraverso cessioni ed esternalizzazioni». «I numeri – sottolinea ancora Battistini – sono eccessivamente alti e gli strumenti per gestirli devono essere diversi da quelli proposti e condivisi». In tutto questo ha un peso l’acquisizione delle tre «bridge banks» (Nuova Banca Marche, Nuova CariChieti e Nuova Banca Etruria). «L’azienda deve spiegare se questa operazione sta in piedi e ha una logica industriale oppure se si tratta di una “forzatura” – dice Paolo Citterio della Fabi – tanto è vero che si scaricano pesanti conseguenze sui dipendenti, tra cui la sempre più concreta possibilità di esternalizzazioni». La Uilca-Uil, per bocca di Claudia Dabbene, mette l’accento sul fatto che «abbiamo chiesto dati completi sul personale che potrebbe accedere al fondo di solidarietà di settore e sottolineato che andrà posta grande attenzione al tema della mobilità territoriale per non creare sperequazioni e penalizzazioni». Natale Zappella di Unisin, rilevando che «nella discussione non sono emerse novità sulle linee guida», dice: «Per poter affrontare al meglio questa difficile trattativa, Ubi dovrà confermare le qualità delle relazioni sindacali fin qui consolidate».
Giornale di Vicenza 07/07/2017
Dipendenti ed esuberi, niente strappi – P. e.
Nessuno strappo: niente licenziamenti, ma solo uscite volontarie, e conferma dei trattamenti di welfare per i dipendenti delle ex banche BpVi e Veneto banca anche se dal primo luglio sono decaduti gli accordi integrativi che esistevano finora nei due istituti. Dall’incontro di ieri con i sindacati interni del gruppo più i rappresentanti aggiunti per il fronte di Vicenza e Montebelluna – la trattativa prosegue oggi – Banca Intesa conferma l’idea di non voler fare alcuna forzatura. è stato «un primo approccio – dichiara in una nota Mauro Bossola della segreteria nazionale del sindacato Fabi – per una trattativa che deve confermare garanzie e prospettive per i colleghi e le colleghe delle ex banche nuovo perimetro di Intesa Sanpaolo». «è una procedura inedita a livello europeo – spiega Mauro Incletolli segretario nazionale First Cisl – perché le due banche sono state dichiarate “fallite” e in liquidazione coatta, quindi senza più licenza da lunedì 26 giugno. Questo perché non si configurassero aiuti di Stato. Intesa quindi è subentrata si è trovata con l’indicazione di dover chiudere 600 filiali su 900, e lo farà nel giro di due anni, e di dover ridurre di 4-5mila i dipendenti. Ma ha deciso che la riduzione dei posti di lavoro avverrà a livello dell’intero gruppo». Senza quindi licenziamenti. L’obiettivo è sfruttare il fondo di solidarietà dei lavoratori bancari che pu ò portare all’uscita quei 1050 dipendenti delle ex venete che da qui alla fine del 2024 possono maturare la pensione, fissando il trattamento con le cifre di oggi e con banca Intesa che dovrà assicurare subito al fondo i finanziamenti a garanzia per tutti coloro che fanno questo passaggio (è uno dei motivi per cui Intesa ha chiesto e ottenuto il contributo del Governo). Anzi, si è resa disponibile a pagare il riscatto degli anni di università per chi potrebbe così rientrare nel fiume dei prepensionamenti volontari. Successivamente si passerà a valutare la situazione di quei circa 6mila dipendenti di tutto il gruppo Intesa per i quali da qui alla fine del 2022 potrebbe scattare la pensione: per far quadrare i conti basterebbero circa 3 mila adesioni. E tutti gli altri dipendenti delle due banche venete? «Intesa – spiega Incletolli – sta valutando anche l’ipotesi di portare qui lavorazioni nuove, non attuate già da altre sue strutture, per impiegare le persone che entrano nel gruppo senza dover proporre loro di spostarsi a distanze considerevoli». Secondo notizie di agenzia si sta valutando anche l’ipotesi di tenere in Veneto il centro perla gestione dei conti online. La banca, spiega nella sua nota il sindacato Fabi, intende attuare la migrazione informatica entro febbraio per unificare le procedure sui sistemi Intesa. E «ha precisato che tutte le società acquisite rientranti nel perimetro ex banche venete, saranno integrate in Intesa Sanpaolo», dove come noto è nata la “Direzione regionale ex banche venete” nella quale sono confluite attività, passività e rapporti giuridici rivenienti dalle due ex banche. Oggi si riparte, ma il vivo della trattativa sarà la settimana prossima: l’obiettivo è arrivare ad un accordo sugli esuberi entro la fine di luglio. Anche se tutto ovviamente dipende dalla conversione del decreto legge in Parlamento.
Roma Basilicata 07/07/2017
I sindacati si schierano compatti: «Non accetteremo nemmeno un solo singolo licenziamento»
BARI. Le trattative sono ufficialmente aperte e con esse anche lo scontro. Nella sede centrale della Banca popolare di Bari, ossia nel capoluogo pugliese, ieri, durante una riunione fiume iniziata la mattina e proseguita nel pomeriggio si sono seduti allo stesso tavolo le sigle sindacali Cgil, Fabi, Sinfub, Ugl credito e Unisin e i dirigenti della Direzione generale. Il tema della riunione è stato il Piano di riorganizzazione. Il quale prevede il licenziamento di 504 unità e la chiusura della sede di Potenza. Fortemente a rischio anche venti filiali, tra cui ci sono, ma il numero ancora non è ben quantificato, alcune che sono ubicate nella Provincia del capoluogo. Essendo il primo incontro, il vertice si è rivelato puramente strategico. Di fatto non ha portato a nessuna risoluzione della vicenda. La partita rimarrà aperta almeno fino ad Agosto. Tuttavia sono emersi interessanti dettagli. In primis le parti in causa hanno dimostrato di possedere sul Piano della Banca posizioni diametralmente opposte. Non solo non c’è stato un avvicinamento, ma si è verificato il massimo della distanza. I sindacati hanno controribattuto alle richieste della Popolare alzando sino all’estremo il livello del confronto. Hanno riferito a chiare lettere alla famiglia Jacobini, che gestisce l’Istituto sin dalla sua fondazione, di non voler accettare neanche un solo licenziamento da parte dell’azienda. Non uno in meno, quindi, rispetto all’attuale organico, che come attestato da documenti ufficiali, che il Roma ha potuto visionare in esclusiva, al 30 aprile 2017 riportava di tremila centocinquanta unità. I sindacati sono disposti unicamente a studiare un piano di uscite volontarie attraverso i prepensionamenti. Tattiche di negoziazione. Pare che la Banca, almeno per quanto riguarda la cifra degli esuberi che vorrebbe realizzare, avesse in partenza alzato il tiro per giungere, a seguito di mediazioni, a un numero più basso. Nella fattispecie dalle 504 unità da licenziare, il risultato finale, nelle intenzioni della dirigenza, sarebbe circa 300. Gli attori della negoziano si studiano e probabilmente non hanno ancora scoperto del tutto le carte. Di fatto la Direzione generale si trova dinanzi uno schieramento sindacale, allo stato attuale, unito e compatto. Come dimostra la nota a firma congiunta di tutte le sigle citate che a seguito del vertice hanno dichiarato: «Nell’incontro odierno, dopo aver rigettato in toto alcune posizioni irricevibili della delegazione aziendale, grazie alla determinazione e alla unità di questo tavolo sindacale, l’Azienda è stata obbligata a ritirare la lettera del 29 maggio scorso di avvio della procedura dei licenziamenti collettivi e a dichiarare decaduta la procedura. La nostra ferma posizione nel rifiutare licenziamenti collettivi nel Gruppo BPB riguarderà anche, ovviamente, il prosieguo della trattativa di cui alla informativa del 22/06/2017». «Rimossa – hanno concluso i sindacati – quella che era la pregiudiziale sindacale all’avvio del nuovo negoziato, sono stati calendarizzati i prossimi incontri a partire dalla settimana del 17 luglio prossimo». In pratica un primo risultato positivo i sindacati lo hanno raggiunto. E la Banca lo ha concesso come atto di buona volontà a valutare senza pregiudizio le richieste delle parti sociali. Ma i 10 licenziamenti in questione, fanno parte di un Piano di riorganizzazione precedente a quello in discussione ieri. In programma sono state decise le date di tutte le successive riunioni che si terranno da qui ad agosto. La terza è prevista per il 20 o 21 luglio, poi a seguire, già confermate, quelle del 25, 26, 27 luglio ed anche quelle del 1,2,3 agosto. Nel frattempo per quanto riguarda il capoluogo lucano, sembrerebbe che il sindaco di Potenza Dario De Luca abbia convocato un incontro urgente, quasi sicuramente per lunedì prossimo, con i sindacalisti provinciali per approfondire la questione e ottenere un quadro informativo completo. Anche il primo cittadino del capoluogo sembra sia intenzionato a schierarsi a fianco dei suoi colleghi del Consiglio regionale per partecipare attivamente alla futura opera di pressione politica sulla dirigenza della Bpb per tentare di far modificare quanto più possibile le opzioni drastiche per la Basilicata connesse ai futuri progetti della Banca. Moliterni Ferdinando
Sole 24 Ore 07/07/2017
Banche, il nodo delle risorse per gestire i nuovi esuberi – Per le banche conto da 5 miliardi –
Cristina Casadei — Non passa settimana, ormai si potrebbe quasi dire giorno, in cui l’industria bancaria non sia associata alla parola esuberi. Nel settembre del 2016, l’allora premier Matteo Renzi, durante il forum Ambrosetti a Cernobbio, si sbilanci ò fino a dire che nei prossimi dieci anni sarebbero avvenute 150mila uscite dalle banche. Considerato che oggi i bancari sono circa 3oomila, il numero era nè più nè meno che la metà. Mai nessuno aveva osato tanto, parlando del settore che ha la più alta percentuale di iscritti al sindacato e dove c’è un gran pullulare di sigle (oggi ridotte a 6- Fabi, First, Fisac, Uilca, Unisin Sinfub, Ugl – per via dell’accordo sulla soglia della rappresentanza e con altri accorpamenti in vista). Proprio qui sta la profonda ragione del perché nel credito non si è mai fatto ricorso alla cassa integrazione e non si sono mai fatti licenziamenti, ma sempre uscite volontarie. Con tutto quel che questo comporta in termini di oneri per le banche che dal 2000, l’anno in cui è stato istituito l’ammortizatore del credito, al 2016 hanno fatto uscire attraverso il Fondo di solidarietà oltre 6omila bancari. E molti altri ne hanno in previsione nel prossimo quinquennio. Le risorse stanziate dall’ultima legge di Stabilità per accompagnare le uscite anticipate dei bancari, paria 648 milioni di euro in cinque anni, permettono alle banche di avere un contributo all’assegno di sostegno al reddito pagato ai dipendenti che escono prima di aver maturato i requisiti pensionistici, per circa 25mila uscite. A fronte dei 648milioni di contributo pubblico, per fare 25mila uscite le banche devono per ò mettercene di tasca loro 5 miliardi. Grazie al contributo pubblico per ogni bancario che entra nel Fondo esuberi una percentuale intorno al 10% del suo assegno di prepensionamento viene coperta dai fondi pubblici, il resto dagli istituti. Le 25mila uscite sostenute con il fondo della legge di Stabilità, va detto che non sono ancora tutte da fare, in quanto quasi 15mila, come ricordato nei mesi scorsi dal presidente del Casl Abi, Eliano Omar Lodesani, sono già state oggetto di accordi sindacali. Di nuove se ne possono quindi fare ben oltre 10mila, visto che nelle 15mila uscite c’è una quota di ricollocazioni. Tolte le 3.900 delle Venete e le 3.700 di Mps, ne restano 2.400. Proprio ieri per ò si è già affacciata Ubi che, reduce dall’acquisizione delle tre good bank, ha incontrato i sindacati per discutere le ricadute del piano industriale che prevede la riduzione di tremila persone di cui per ò 1.832 hanno già aderito al fondo di solidarietà e sono in uscita. I numeri elencati mostrano che gli oneri del Fondo esuberi rischiano di essere soffocanti per le banche, mentre il contributo statale copre una percentuale importante ma pur sempre piccola dell’assegno dei bancari prepensionati. Stefano Giubboni, avvocato giuslavorista, professore di Diritto del Lavoro all’Università di Perugia, e vicepresidente in quota Fabi del Fondo, spiega che il funzionamento del fondo prevede che «il fondo provveda, in via straordinaria, alla erogazione di assegni per il sostegno del reddito in forma rateale, ed al versamento della retribuzione correlata, in favore dei lavoratori ammessi a fruirne nel quadro dei processi di agevolazione dell’esodo, quando i beneficiari maturino i requisiti previsti per il pensionamento anticipato o di vecchiaia nei successivi 5 anni». A questo si aggiunga che «nei casi di esuberi che per carenza di requisiti non possano essere coperti dalle prestazioni straordinarie, il fondo si fa carico. in via emergenziale, di sostenere il reddito dei lavoratori in disoccupazione involontaria con un assegno erogato per un massimo di 24 mesi, cui si affianca per un massimo di 11 mesi l’eventuale attivazione di programmi di supporto alla ricollocazione professionale». Domanda. Ma chi paga l’assegno al Mario Rossi di turno che supponiamo, dopo l’accordo tra la sua banca e il sindacato, abbia risolto consensualmente il suo rapporto di lavoro e vada in prepensionamento a fine luglio, transitando pera anni sul Fondo? La sua banca che dovrà versare al fondo un ammontare equivalente al trattamento pensionistico per tutta la durata del Fondo oltre ai contributi figurativi utili per la pensione. «Per la parte straordinaria del Fondo non si pu ò dunque parlare di una vera e propria capienza perché l’alimentazione avviene al bisogno ossia quando le persone entrano nel fondo», osserva Giubboni. Quanto invece ai contributi pubblici la capienza fa contare ancora circa 2mila candidature possibili. Come mostrano i numeri degli ultimi casi emersi nell’industria del credito parliamo di cifre molto elevate che costringono le banche ad utilizzare il fondo per la durata minima possibile, nonostante oggi sia possibile una durata massima di danni. Mps lo utilizzerà a 3,5 anni secondo una prima valutazione, la media oggi si aggira intorno ai 3 anni. L’eccezionale criticità del sistema bancario italiano nei mesi scorsi ha spinto Abi e sindacati a richiedere a gran voce una misura che compensasse Il contributo che le banche danno per finanziare la disoccupazione involontaria, la cosiddetta Naspi, di cui per ò non usufruiscono. I numeri odierni e il susseguirsi continuo di piano di uscite non possono fare escludere che presto uno dei temi che il Governo dovrà affrontare sarà proprio quello di un nuovo contributo per il sostegno alle uscite dei bancari.
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