XXI CONGRESSO NAZIONALE FABI, TUTTA LA STAMPA NE PARLA

Grande partecipazione all’evento FABI. Nella giornata di ieri ospiti di grande rilievo sul palco insieme al Segretario generale per discutere di politica economica e organizzazione del lavoro in banca. Tutti gli articoli dei maggiori quotidiani nazionali, locali e siti finanziari.
Avvenire 06/03/2018
La Borsa non preoccupa No ipotesi fuori dall’Euro
Nel mondo bancario si ostenta prudenza e si usano toni cauti. Per tutti li sintetizza il ceo di Intesa Sanpaolo Cado Messina al congresso Fabi: «Il calo in Borsa? Si tratta di gestori che capitalizzano i guadagni degli ultimi mesi» dei titoli bancari che hanno corso molto. C’è per ò una linea rossa tracciata da Messina e da molti altri banchieri che non va oltrepassata, pena un vero «rischio per il Paese»: l’uscita dall’euro. «Non sono preoccupato per l’affermazione di forze politiche euroscettiche, perché l’Italexit non è uno scenario credibile, non si avvererà» ha detto il Group Ceo di Assicurazioni Generali, Philippe Donnet intervistato dalla Cnn. Per il presidente dell’Abi Antonio Patuelli quindi non va fatto girare «un clima di preconcetta negatività» poiché in fondo il malessere è stato incanalato verso «le istituzioni costituzionali» attraverso il voto. Proprio di «responsabilità» e di iimeno egoismi» parla anche il ceo di BancoBpm Giuseppe Castagna.
Corriere della Sera 06/03/2018
Pressing su Mps, scende fino a 3 euro Il rischio dei tagli automatici della Ue – F.Mas.
Mps, tre mesi per evitare la scure della Ue sui costi. A Siena lo sanno: se non riusciranno a centrare per due trimestri consecutivi gli stretti target finanziari stabiliti dalla Commissione Europea, scatteranno i risparmi automatici per riequilibrare i minori ricavi e margini. Visto che il primo trimestre pare non stia dando particolari soddisfazioni sotto il profilo dei ricavi e della redditività complessiva, il team del ceo, Marco Morelli, secondo fonti qualificate sta già lavorando per individuare i costi ulteriormente tagliabili o riducibili in una ristrutturazione che va avanti da sei anni. In particolare questa volta la scure del taglio dei costi potrebbe cadere sulle spese di struttura generali, sulle consulenze esterne, sulle forniture oltre che sulla cessione di altre attività. Si vuole evitare di colpire il costo del lavoro — dunque i dipendenti — anche se l’intervento sulle strutture potrebbe avere un effetto indiretto anche sul personale. Possibile anche una razionalizzazione degli immobili, che potrebbero essere valorizzati. Secondo i parametri fissati dalla direzione concorrenza della Ue, il Montepaschi deve rispettare un certo equilibrio tra ricavi, margini e costi (secondo parametri non esplicitati nella lettera di ok alla ricapitalizzazione precauzionale da 8,1 miliardi). Se quell’equilibrio non verrà rispettato nell’anno, la banca dovrà recuperare fino a ioo milioni come maggiori risparmi di costo. Oggi Morelli interverrà a Roma alla seconda giornata del 2lesimo congresso della Fabi, il principale sindacato di categoria. Ieri il leader dei bancari, Lando Maria Sileoni, ha messo le mani avanti: «Bisogna garantire la continuità del Fondo esuberi, che negli anni della crisi ha permesso di evitare i licenziamenti, a differenza di quanto accaduto in Europa dove il comparto bancario ha perso oltre 327.500 posti di lavoro». «Mai accetteremo», ha aggiunto, «che il nostro Fondo di solidarietà, strumento innovativo che ha impedito la macelleria sociale, venga messo in discussione dalle banche o che sia prevista una riduzione dell’assegno di sostegno al reddito». Anche perche de banche sono tornate a fare utili nel 2017» e nel 2018 «ci sarà una ulteriore accelerazione della redditività», scenario confermato da Carlo Messina, ceo di Intesa Sanpaolo, che sta registrando nel primo trimestre «una crescita degli impieghi» (9 miliardi a medio-lungo termine nei primi due mesi). Non appare ancora questa per ò la situazione di Mps, che ieri ha perso il 2,43% scendendo a quota 3 euro (vale 3,45 miliardi). Pesano le incertezze sul nuovo governo e dunque sugli orientamenti del Tesoro, che ha il 68% della banca, nonché le prospettive di aggregazione. Non a caso ieri tra i più colpiti in Borsa sono state Bper (-7,62%), Banco Bpm (-6,15%) e Ubi (-3,77%), che dovrebbero essere interessate dal risiko. E ieri alla tavola rotonda Fabi, i ceo delle tre banche Alessandro Vandelli, Giuseppe Castagna e Victor Massiah hanno sottolineato l’importanza delle fusioni «per fare economia di scala».
Eco di Bergamo 06/03/2018
Massiah (Ubi): banche, attesa un po’ di volatilità
Nervi saldi, analisi oggettiva dei dati, fiducia nella tenuta delle istituzioni democratiche e nelle qualità del Presidente della Repubblica. Nel mondo bancario si ostenta prudenza e si usano toni cauti all’indomani delvoto politico. «Il presidente della Repubblica ha la sua missione istituzionale e noi possiamo solo aspettare l’evoluzione» ha commentato il consigliere delegato di Ubi Banca, Victor Massiah. «Per quanto riguarda la Borsa – ha aggiunto – i titoli delle banche italiane hanno prezzi minori rispetto a quelle europee e ci sta che ci sia un po’ di volatilità. Non vedo francamente crolli visto che le banche stanno andando in un sentiero in continua crescita». C’è per ò una linea rossa, tracdata dal numero uno di Intesa Sanpaolo Carlo Messina e dagli altri banchieri al congresso della Fabi che si è aperto ieri a Roma, che non va oltrepassata, pena un vero «rischio per il Paese»: l’uscita dall’euro.
Gazzetta del Mezzogiorno 06/03/2018
I banchieri «L’Italia resti nell’euro»
Nervi salde, analisi oggettiva dei dati, fiducia nella tenuta delle istituzioni democratiche e nelle qualità professionali del Presidente della Repubblica. Nel mondo bancario si ostenta prudenza e si usano tonicauti neldopo voto. La reazione della Borsa c’è stata ma tutto sommato limitata (-0,4% Milano, la peggiore in Europa) e lo spread calmierato dalla Bce è salito solo al 40. Per tutti lo sintetizza il ceo di Intesa Sanpaolo Carlo Messina al congresso: «Si tratta di gestori che capitalizzano i guadagni degli ultimi mesi» dei titoli bancari che hanno corso molto negli ultimi mesi. C’è per ò una linea rossa tracciata da Messina e da molti altri banchieri che non va oltrepassata, pena un vero «rischio per il Paese»: l’uscita dall’euro. Piazza Affari è stata appesantita in particolare dalle banche e da Mediaset (-5,5%), con Mondadori (4,6 %). Alla fine Bper ha chiuso in calo del 7,6%, Bpm del 6,1%, Ubi del 3,8% e Mps del 2,4%. Pesanti anche Unicredit (-3,4%), Generali (2,2%), Mediobanca (-1,8) e Intesa Sanpaolo (-1,4%).
Gazzetta del Sud 06/03/2018
I banchieri sono sereni ma avvertono: non tirarsi fuori dalla moneta unica – D’Ortenzio Andrea
Nervi saldi, analisi oggettiva dei dati, fiducia nella tenuta delle istituzioni democratiche e nelle qualità professionali del Presidente della Repubblica. Nel mondo bancario si ostenta prudenza e si usano toni cauti anche se dai risultati elettorali sono risultate vincitrici due forze ostili al comparto quali M5S e Lega. La reazione della Borsa c’è stata ma tutto sommato limitata (-0,4% Milano, mentre l’Europa ha sostanzialmente ignorato il voto) e lo spread calmierato dalla Bce è salito solo a 135. Per tutti lo sintetizza il ceo di Intesa Sanpaolo Carlo Messina al congresso Fabi: «Si tratta di gestori che capitalizzano i guadagni degli ultimi mesi» dei titoli bancari. C’è per ò una linea rossa tracciata da Messina e da molti altri banchieri che non va oltrepassata, pena un vero «rischio per il paese»: l’uscita dall’euro. Un tema che per ò non sembra essere più un tema sul tavolo. «Non sono preoccupato per l’affermazione di forze politiche euroscettiche, perché l’Italexit non è uno scenario credibile, non si avvererà» ha detto il Group Ceo di Assicurazioni Generali, Philippe Donnet. Per il presidente dell’Abi Antonio Patuelli, non va fatto girare «un clima di preconcetta negatività» poiché in fondo il malessere è stato incanalato verso «le istituzioni costituzionali» attraverso il voto, un processo che porta gli eletti a diventare responsabili. Proprio di «responsabilità» e di «meno egoismi» parla il ceo di Banco-Bpm Giuseppe Castagna. Sia Patuelli che Messina concordano che i tempi per la formazione del governo non sono così "biblici" e anzi molto minori di quelli vissuti da Germania e Spagna (che torn ò una seconda volta al voto in pochi mesi). Il presidente Abi ricorda come secondo le cadenze dei regolamenti, Camera e Senato saranno in grado di funzionare «entro la Settimana Santa». E poi c’è il ruolo chela Costituzione assegna al presidente della Repubblica, le cui doti professionali sono unanimamente apprezzate. Insomma, con in mano la mappa definitiva dei collegi si potrà avere un quadro più chiaro. Nel frattempo il treno della ripresa italiana sta andando avanti seppure a una velocità minore degli altri paesi europei. Gli impieghi stanno salendo, gli investimenti riprendono e il flusso di nuove sofferenze rallenta. La montagna di sofferenze sta venendo intaccata. Per il segretario Fabi Lando Sileoni con gestioni in house si recupererebbe 40% del loro valore. Le banche hanno in sostanza ritrovato gli utili nel 2017 e il 20186 partito bene. Considerati i tempi istituzionali il primo semestre non dovrebbe riservare alcuna sorpresa.
Giornale 06/03/2018
Tajani: «Pronto a un ricorso sull’addendum Bce» – Conti Camilla
«Sui crediti deteriorad mi sono opposto al capriccio di una tecnocrate della Vigilanza, che si era arrogata il diritto di prendere il posto del legislatore». Quindi, «se tentasse di far passare in via surrettizia un’attività pseudo legislativa sarei costretto ad andare di fronte alla Corte di giustizia europea». Non usa mezzi tennini, il presidente dell’Europarlamento, Antonio Tajani, riferendosi a Daniele Nouy, capo della Vigilanza europea della Bce, e alla prima bozza del cosiddetto addendum sul trattamento dei crediti deteriorati pubblicata a ottobre. Nei prossimi giorni è attesa la versione definitiva emendata con le proposte fatte dal mercato. «La signora è stata costretta a fare un passo indietro – ha aggiunto ieri Tajani intervenendo al congresso della Fabi -, non immagini di ritentare la stessa operazione dopo che il giureconsulto ha confermato la giustezza della nostra posizione». Il Parlamento Ue tiene dunque alta la guardia per verificare che la stretta non esca dalla porta per rientrare dalla finestra per esempio alzando l’asticella degli «Srep», il processo di revisione e valutazione prudenziale che la Vigilanza svolge periodicamente per misurare i rischi dei singoli istituti e poi richiedere i requisiti patrimoniali minimi. Non solo. I nuovi stress test dell’Eba che le banche europee (tra cui quattro big italiane) dovranno superare a novembre continuano a penalizzare le banche commerciali rispetto a quelle che detengono in portafoglio gli strumenti finanziari più illiquidi. Ne è convinto anche l’ad di Intesa, Carlo Messina, che ieri ha ribadito una valutazione già espressa dai banchien italiani: «Oggi non vedo la stessa attenzione da parte dei regolatori internazionali su questi strumenti come sugli npl».
Il Fatto Quotidiano 06/03/2018
Messina (Intesa) "No-euro pericolo"
"Chiunque parla di uscire dall’euro mette il nostro Paese a rischio, poi la maggioranza decide e si vedrà" ma occorre evitare di "citare o portare avanti l’ipotesi di uscita dalla moneta unica". Questa è l’unica preoccupazione monito del Geodi banca Intesa San Paolo, Carlo Messina, esposto al congresso Fabi, sullo scenario post elezioni in Italia.
Mf 06/03/2018
Congresso Fabi: il sindacato esorta le banche a distribuire gli utili a favore dei dipendenti. Messina: non bisogna parlare di uscita dall’euro – Pira Andrea
L’euro è l’argomento tabù da non toccare per scongiurare turbolenze all’Italia uscita dalle urne domenica 4 marzo. «Chiunque parli di uscire dall’euro si pone nella condizione di mettere a rischio il Paese», dice Carlo Messina, ceo di Intesa Sanpaolo a colloquio con il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni. All’indomani della tornata elettorale che ha terremotato il quadro politico nazionale, l’apertura del XXI congresso nazionale della Federazione autonoma bancari italiani, principale sindacato di categoria, non ha potuto non affrontare le ripercussione del voto e l’affermazione del Movimento Cinque Stelle e della Lega di Matteo Salvini, con le incertezze sulla possibilità di arrivare a una maggioranza parlamentare. Un risultato che, nonostante tutto, come ha sottolineato il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, ha visto il malessere civile incanalarsi nelle istituzioni facendo sì che di conseguenza non venisse meno la solidità della Repubblica. Anzi, prevedendo, che il Parlamento sia in grado di funzionare entro la settimana Santa, non esclude che i tempi per il passaggio al nuovo governo «saranno inferiori a quelli in Spagna e a quelli che stanno vivendo in Germania». E a dire il vero le forze che più di altre hanno cavalcato i sentimenti euroscettici degli italiani portando in Parlamento candidati che si sono contraddistinti per la retorica contro la moneta unica, in tempi recenti hanno sfumato l’enfasi sul tema, nonostante lo stesso Salvini, soltanto ieri, abbia nuovamente definito l’euro una scelta sbagliata. Che gli istituti di credito abbiamo bisogno di stabilità l’ha rimarcato l’ad di Bper Alessandro Vandelli e sulla stessa linea si è posto Victor Massiah, consigliere delegato di Ubi, per il quale comunque la campagna elettorale non è stata così aggressiva come invece è stata descritta. Anche per il numero uno di Ca’ de Sass pero la situazione, allo stato attuale, «non sembra assolutamente preoccupate». Anche per questo le reazioni del mercato «non sono state così scomposte, i gestori di portafogli tendono a capitalizzare utili e poi rientrano». Le ragioni della fiducia sono il ruolo del capo di Stato, Sergio Mattarella, «figura di grande serietà e saggezza» e più in generale i fondamentali del Paese, benché per il futuro governo sia fondamentale affrontare di petto la mole del debito pubblico. indirizzando le risorse liberate per ridurre la disoccupazione. Contingenze politiche a parte, il congresso Fabi è stata l’occasione di riunire i delegati a Roma per confrontarsi sulle prospettive della professione. Quattro i temi portanti, tutti intersecati tra loro: l’apertura di un confronto sulle nuove tecnologie, un no alla gestione esterna delle sofferenze in pancia agli istituti, la salvaguardia del Fondo esuberi che negli anni della crisi ha permesso di evitare licenziamenti a differenza di quanto avvenuto in altri Paesi europei, infine la necessità di ridistribuire in modo più equo gli utili, da destinare quindi anche ai lavoratori. Con il ritorno delle banche al profitto «ci sono tutte le condizioni affinché il tema del contenimento del costo del lavoro passi in secondo piano», ha ricordato a più riprese Sileoni. Il segretario generale mette le mani avanti: «Le banche torneranno certamente a chiedere riduzioni del costo del lavoro, ma non avranno più una giustificazione politica suffragata dai fatti». Ora che i flussi di sofferenze sono in calo, dando modo di riequilibrare i bilanci e di realizzare i ricavi, per la Fabi la sfida che deve affrontare il mondo del credito è far risalire i margini di interesse. Dal canto suo il ceo di Intesa ha lanciato messaggi rassicuranti, mettendo in evidenza i risultati conseguiti e sottolineato come questo sia merito dei dipendenti. Nei primi tre mesi dell’anno il gruppo ha registrato una crescita degli impegni. Già ora, mentre gestisce l’equivalente di 1.000 miliardi di euro di risparmi degli italiani pub vantarsi di essere «la migliore banca d’Europa per profilo di rischio», come ha chiosato il ceo. Ma nel rivendicare la qualità della propria banca, Messina ha voluto puntualizzare che nel valutare la solidità di un istituto non si prendano in considerazione solo i crediti deteriorati. Messina lamenta quindi che la Vigilanza non presti la stessa attenzione agli attivi catalogati come level 2 e leve 3 e ai derivati. «Appena questo tema sarà affrontato, e sarà inevitabile, saremo sicuramente la banca numero uno in Europa». Il sindacato guarda inoltre al rinnovo del contratto in scadenza nel 2018 e che per Sileoni «dovrà mantenere le garanzie della nostra area contrattuale». Oltre all’accordo con Abi, i bancari mettono come priorità il rinnovo del contratto con Federcasse (a lungo rimandato per divergenze interne alla controparte, lancia la frecciata Sileoni) e quello del comparto riscossioni, scaduto da anni. Sul contratto Abi «vogliamo condividere un nuovo modello organizzativo che punti sulla consulenza e sulle specializzazioni dei lavoratori, e chiediamo un confronto a tutto campo sulle nuove tecnologie per mantenere e creare posti di lavoro». Temi sui quali il segretario generale si trova in sintonia con Messina e le direttive del piano industriale di Intesa. Nella visione del top manager infatti tra cinque anni consulenza e relazione con la clientela dovranno diventare architravi del settore bancario. Un’evoluzione che porterà a meno filiali per il settore pagamenti, creando pert) nuovi spazi. Altro punto centrale per il sindacato è la gestione del recupero delle sofferenze. Per la Fabi la soluzione migliore è quella interna, così da mantenere «una sana relazione con i territori e con migliori rese in termini economici». I numeri snocciolati citando dati di Banca d’Italia durante la relazione d’apertura della quattro giorni di incontri sembrano dare ragione alla federazione: le sofferenze gestite in casa presentano tassi di recupero superiori al 40% contro il 20% delle gestioni esterne.
Prealpina 06/03/2018
Fabi: sempre meno sportelli bancari
Negli ultimi tre anni in Italia sono stati chiusi 1.700 sportelli bancari e altri 2.000 ne chiuderanno tra 2018 e 2019. Eppure l’Italia con i suoi 30 mila sportelli viene dopo altri Paesi, con i 37 mila della Francia o i 35mila della Germania. Prima di noi, anche la Spagna con 32mila sportelli. E in tutta Europa negli anni il settore ha visto venire meno 327 mila posti di lavoro. Una crisi che per ò, sottolinea Fabi, "non ha visto alcun licenziamento grazie al movimento sindacale .
Repubblica 06/03/2018
Banche in calo, ma non c’è pressione sul rating – Greco Andrea
Anche se l’esito delle urne pare il contrario di quel che speravano gli investitori, sui mercati e tra i banchieri d’Italia non c’è stato un lunedì "nero". La sbandata in avvio a Piazza Affari si è risolta in un — 0,42% finale sul Ftse Mib, con vendite sui titoli bancari, per la loro dote di Btp (pari a 350 miliardi circa). E col passar delle ore sia il cambio dell’euro, salito di uno 0,2% a 1,233 sul dollaro dai massimi da fine gennaio, sia il differenziale dei Btp con il bund, tornato verso i 135 punti base di venerdì, hanno mostrato che la tempesta, se sarà, è quanto meno rinviata. Prima gli operatori vogliono vedere chi e come formerà il governo, come ha sintetizzato l’agenzia Standard e Poor’s, che per ora non vede immediati effetti sul rating italiano BBB: «C’è poca visibilità sulla composizione e sulla sua direzione politica del governo, che resta il criterio chiave per il rating. Se il nuovo governo abbandonasse l’opera sul consolidamento dei conti pubblici potrebbero esserci pressioni sul rating». Le vendite di azioni bancarie sembrano più legate e prese di profitto in vista della maggiore volatilità in arrivo. Bper, Banco Bpm, Ubi e Mps hanno quotato tra sospensioni al ribasso, per chiudere con cali rispettivi del 7,6%, 6,1%, 3,8% e 2,4%. Fanno da cornice Unicredit (-3,4%), Mediobanca (-1,8) e Intesa Sanpaolo (-1,4%). Al 21° Congresso del sindacato bancario Fabi si è parlato di banche e politica: ma nessuno s’è mostrato inquieto, e il segretario generale Lando Sileoni si è preso il lusso di chiudere la giornata parlando di «settore risanato, che pu ò rivelarsi fattore di stabilità in un quadro di potenziale instabilità politica». Il vero caveat lo ha chiarito l’ospite Carlo Messina, ad di Intesa Sanpaolo: «Chiunque parla di uscire dall’euro mette il paese a rischio». Il presidente dell’Abi Antonio Patuelli ha invitato a non diffondere «un clima di preconcetta negatività». Quasi tutti hanno evocato le doti di misura e saggezza del presidente Sergio Mattarella. A partire da Antonio Tajani, presidente del parlamento Ue che ha avvisato Daniéle Nouy (Bce), alle prese con una "stretta" sul cattivo credito: «Mi sono già opposto al capriccio di una tecnocrate, che s’era arrogato il diritto di sostituire il legislatore». Se Nouy ci riprova «sarei costretto ad andare di fronte alla corte di giustizia europea».
Sole 24 Ore 06/03/2018
Bancari, prime mosse Fabi per il contratto – Bancari verso il rinnovo «Ora redistribuire gli utili» – Casadei Cristina
«In prospettiva di un ritorno agli utili degli istituti di credito chiediamo un’equa redistrbuzione anche a favore dei dipendenti, non solo degli azionisti». A parlare è ii segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni, che su questa proposta trova il consenso dei segretari generali delle altre sigle del credito (Giulio Romani di First Cisl, Agostino Megale della Fisac Cgil, Massimo Masi della Uilca ed Emilio Contrasto di Unisin) che, ieri, erano presenti all’avvio dei lavori del XXI congresso degli autonomi della Fabi. Il sindacato più rappresentativo del credito, con 110mila iscritti, è alle prese con il rinnovo del vertice e l’aria che tira al congresso fa dare per scontata la conferma di Sileoni, che guida la federazione da 8 anni e ha sulle spalle già 2 rinnovi contrattuali da segretario generale. Ma, soprattutto, ha cambiato il linguaggio sindacale, rendendolo più concreto e ha avviato una profonda svolta mediatica di questo sindacato, compatto come pochi sulle linee politiche e sulle priorità. Siamo nel pieno della rivoluzione digitale e i rappresentanti dei lavoratori di tutte le categorie hanno ben chiaro che osi trova il modo di partecipare o saranno altri agestire il cambiamento. Certo, la partecipazione che si chiede qui è la partecipazione vera alla creazione di nuovi modelli organizzativi, all’introduzione delle nuove tecnologie ma anche ai loro eventuali frutti. Sileoni ricorda un passo di un romanzo di Jonathan Coe che nel 2004 raccontava le dure lotte sindacali inglesi Scriveva «Prendi un po’ di rappresentanti sindacali, inviali al piano di sopra, mettili a sedere al tavolo della sala riunioni, falli sentire importanti. Mettili, poi, a conoscenza di qualche segreto, niente di troppo delicato, attenzione, giusto qualche bocconcino per fargli credere di essere addentro alle segrete cose. E, all’improvviso, ecco che si sentono così pieni di sè, all’improvviso cominciano a vedere le cose dal punto di vista della dirigenza». I bancari hanno cercato, per quanto possibile, di non lasciarsi confondere dai bocconcini e oggi chiedono che ci sia una redistribuzione vera ai lavoratori dell’eventuale benessere, derivante dalla ripresa del settore e dalla digitalizzazione. La rivoluzione digitale è senza dubbio un tema centrale del dibattito ed è proprio Sileoni a lanciare davanti al presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, la proposta di aprire un cantiere sulla digitalizzazione «per evitare di fare un contratto che poco dopo la firma sia già superato». Su questo il sindacalista raccoglie anche il consenso del consigliere delegato e ceo di Intesa Sanpaolo Carlo Messina, che si dice disponibile a interagire con il sindacato su questo tema. In giugno bisogna essere pronti con la piattaforma e, qui, sanno bene che ai tavoli negoziali arriva bene chi arriva prima. «Credo che sia estremamente qualificante che ogni organizzazione sindacale faccia delle proposte, ma credo anche che, sul tema della nuova organizzazione del lavoro, sarà per il sindacato fondamentale e prioritario gestire la digitalizzazione del settore», dice Sileoni. I bancari hanno gestito l’ondata della crisi economica senza concedere nulla alla macelleria sociale e lo hanno fatto soprattutto grazie al loro ammortizzatore sociale, il Fondo di solidarietà. Su questo il sindacato non è disposto a fare concessioni di alcun genere. «Negli anni della crisi- ricorda Sileoni ci ha permesso di evitare i licenziamenti, garantendo una gestione morbida delle ristrutturazioni, al contrario di quanto accaduto in Europa dove il settore bancario ha perso oltre 32.00 posti di lavoro». Il Fondo di solidarietà, lo abbiamo scritto molte volte, è uno strumento molto costoso ma «mai accetteremo che il nostro fondo , uno strumento innovativo che ha impeditola macelleria sociale, venga messo in discussione dalle banche o che sia prevista una riduzione dell’assegno di sostegno al reddito dei lavoratori in uscita», dice Sileoni. Negli ultimi anni, il sistema bancario ha dovuto fronteggiare le storie delle 4 banche, delle due Venete, di Mps e delle Bcc che hanno trovato l’ancora di salvezza nelle fusioni. Devono ancora rinnovare il contratto, le Bcc, e questo sarà il primo risultato che il sindacato dei bancari dovrà portare a casa nel 2018. Poi arrivano il contratto della riscossione, scaduto da sette anni, e il contratto Abi. A questo proposito ci sono storie che più di altre possono rappresentare un modello e Sileoni su questo non ha dubbi. Il modello è Intesa Sanpaolo. Per molte ragioni. Per esempio, dice, «Intesa attuerà una profonda riorganizzazione digitale, insieme alla focalizzazione del core-business verso l’attività commerciale. Utilizzerà risorse interne del personale per lo sviluppo di nuove attività, attraverso un’importante riconversione». Di questo Messina, dice di andare particolarmente fiera «Non ho mai usato due parole – ricorda -: esuberi e dipendenti. Noi abbiamo delle persone, ioomila persone che lavorano nel gruppo e abbiamo cercato di fare in modo che chi si fosse trovato in eccesso di capacità produttiva potesse essere riconvertito su nuovi mestieri». Quali? Intanto il banchiere sposta il focus del lavoro dei bancari «sugli incagli perché è quello il credito che ha la possbilità di tornare in bonis». Sugli Npl conferma l’interesse del gruppo a valutare alleanze a patto che consentano un recupero di una quota maggiore, ma sempre a una condizione: «Garantire tutele assolute alle persone che lavorano in banca perché io le considero le nostre persone». Gli Npl saranno un altro tema centrale del prossimo contratto che«dovrà mantenere le garanzie della nostra area contrattuale – dice Sileoni -. Siamo convinti che la soluzione migliore sia una gestione interna del recupero crediti Le sofferenze gestite in house,secondo la Banca d’Italia hanno tassi di recupero di oltre il 40%. Gestite all’esterno il tasso scende al 20%».
AFFARITALIANI.IT 05/03/2018
BANCHE: SILEONI, RIDUZIONE COSTO LAVORO PASSA IN SECONDO PIANO
Roma, 5 mar. (AdnKronos) – "Le banche torneranno a chiedere un abbassamento del costo del lavoro. Ma non avranno più una giustificazione politica suffragata dai fatti, perché sono tornate in utile già nel 2017 e nel 2018 ci sarà una ulteriore accelerazione della redditività dopo la pulizia dei crediti e minori flussi". Lo ha detto Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, concludendo il suo intervento in apertura dei lavori del XXI Congresso nazionale dell’organizzazione sindacale.S econdo il segretario, "sono state ricreate le condizioni per riequilibrare i bilanci. Il Pil in crescita è un incentivo per ricominciare, ci sono tutte le condizioni perché il costo del lavoro passi in secondo piano", conclude Sileoni.
AFFARITALIANI.IT 05/03/2018
ELEZIONI: MESSINA, CHI PARLA DI USCITA DA EURO METTE A RISCHIO PAESE
“Chi parla di uscita dall’euro mette il Paese a rischio nei confronti dei mercati”. Così Carlo Messina, amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, parlando dal palco del XXI Congresso Nazionale della Fabi. “Poi decide la maggioranza”, ha continuato, ribadendo che non bisogna né “citare né avanzare l’ipotesi di un’uscita” dalla moneta unica.
AREZZOWEB.IT 05/03/2018
Banche: Sileoni, riduzione costo lavoro passa in secondo piano – ArezzoWeb.it
WE ARE FABI, PROTAGONISTI OGNI GIORNO CON LE NOSTRE DECISIONI

21/05/2024 |

WE ARE FABI, PROTAGONISTI OGNI GIORNO CON LE NOSTRE DECISIONI

Il segretario generale, Lando Maria Sileoni, apre a Milano il giro d’Italia che in otto …

IN LOMBARDIA SALITI DI 88 MILIARDI I RISPARMI DELLE FAMIGLIE

21/05/2024 |

IN LOMBARDIA SALITI DI 88 MILIARDI I RISPARMI DELLE FAMIGLIE

Analisi&Ricerche Fabi. I dati su credito e risparmi della Lombardia: la regione si conferma ricca, …