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INTERVENTO DELLO STATO NECESSARIO PER FAMIGLIE E GIOVANI
Un intervento del segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni, sulle pagine del Sole24Ore: per risolvere la questione abitativa servono nuove misure da parte della politica

Un intervento del segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni, sulle pagine del Sole24Ore: per risolvere la questione abitativa servono nuove misure da parte della politica
di Lando Maria Sileoni
Segretario generale della Fabi
I dati europei ci consegnano un messaggio inequivocabile: dove lo Stato interviene con garanzie pubbliche più robuste o con agevolazioni fiscali mirate, le condizioni di accesso ai mutui sono più favorevoli. In termini concreti, significa che i cittadini possono comprare casa a tassi d’interesse più bassi, sostenendo rate più sopportabili e affrontando con maggiore serenità un impegno di lungo periodo. È un punto di partenza che la politica italiana non può ignorare, se davvero intende affrontare le difficoltà delle famiglie e dei giovani.
Oggi il nostro Paese dispone di strumenti importanti, come il Fondo pubblico che garantisce mutui fino a 250.000 euro. Ma quella soglia, stabilita anni fa, non è più sufficiente. In molte città italiane, soprattutto nelle grandi aree urbane, i prezzi degli immobili sono saliti ben oltre i livelli che consentono a una famiglia o a un giovane lavoratore di accedere a un finanziamento con quelle cifre. È necessario, dunque, alzare il tetto delle garanzie statali, in modo da adeguarlo al valore reale del mercato immobiliare. Diversamente, il rischio concreto è lasciare fuori intere generazioni, condannandole all’affitto a vita o, peggio, a rinunciare al diritto di avere una casa di proprietà.
Non è solo una questione sociale o di giustizia generazionale. È anche un tema economico di prima grandezza. Ogni acquisto immobiliare attiva un circolo virtuoso che coinvolge edilizia, artigianato, servizi, forniture e professioni tecniche. L’edilizia, da sola, vale il 12,7% del nostro prodotto interno lordo. Significa che oltre un decimo della ricchezza nazionale dipende direttamente da questo comparto. Bloccare l’accesso al credito per l’acquisto di una casa equivale a rallentare un settore strategico per la crescita del Paese.
L’Italia, con un tasso medio del 3,19% sui mutui a luglio scorso, si colloca leggermente al di sotto della media dell’area euro (3,28%). Ma il confronto con altri Paesi resta impietoso. In Spagna, Finlandia, Portogallo, Croazia e Francia i tassi sono più bassi. In Germania, Irlanda, Olanda, Austria e Belgio, invece, i prestiti immobiliari costano di più, ma la differenza è compensata da salari medi più alti e da un mercato del lavoro stabile. Nei Paesi del Nord Europa, la certezza e la solidità delle retribuzioni consentono alle banche di concedere mutui a condizioni più favorevoli, anche se i tassi di riferimento sono più elevati.
Da noi, purtroppo, è l’esatto contrario: stipendi bassi, precarietà diffusa, contratti a termine che si moltiplicano. Tutti elementi che spingono gioco-forza le banche a chiedere ulteriori garanzie e a imporre condizioni meno vantaggiose. È un cortocircuito che colpisce soprattutto i giovani, i quali si trovano a dover affrontare un mercato immobiliare più caro con redditi insufficienti e prospettive lavorative fragili.
Occorre mettere mano a questi meccanismi e correggerli, ampliando i sostegni già esistenti. La prossima legge di bilancio deve diventare l’occasione per potenziare gli strumenti pubblici di garanzia, estendendo il raggio d’azione del Fondo per i mutui, soprattutto in favore degli under 36.
Parallelamente, servono agevolazioni fiscali (aumentando per esempio le detrazioni sugli interessi passivi) che alleggeriscano il peso delle rate e degli oneri accessori, perché comprare casa non deve trasformarsi in un lusso riservato a pochi.
La questione abitativa è un tema sociale, ma anche politico e sindacale. Senza un intervento deciso dello Stato, senza un impegno chiaro del governo in favore delle famiglie e dei giovani, il rischio è duplice: da un lato si blocca la mobilità sociale, dall’altro si frena un comparto che da solo garantisce occupazione e sviluppo. Spetta alla politica restituire fiducia, stabilità e prospettive, con misure in grado di trasformare quel sogno in un diritto accessibile a tutti.