Federazione Autonoma
Bancari Italiani via Tevere, 46 00198
Roma - federazione@fabi.it
Tel. (06) 8415751
|
news fabi anno VIII – venerdì
12 gennaio 2007
rassegna stampa quotidiana
riservata alle strutture
a cura di Bruno Pastorelli
Se riscontrate anomalie, nei collegamenti comunicatelo a: b.pastorelli@fabi.it, grazie.
Così disse
IL PICCOLO VENERDÌ, 12 GENNAIO
2007. 3
Verso nuovi imminenti cambi nel
management della banca acquisita dal Credit Agricole. Sindacati divisi sui
nodi del personale - Friuladria, parte il riassetto dei francesi - Il
direttore Dal Mas conferma le dimissioni: «Resterò nel gruppo Intesa».
Previsti cento esuberi 3
WALL STREET ITALIA 11 Gennaio 2007
21:06. 4
INTESA SANPAOLO: SINDACATI,CON
MICHELI CONFRONTO COSTRUTTIVO. 4
IL GIORNALE venerdì 12 gennaio
2007. 4
Trichet sposta a marzo il rialzo
dei tassi 4
IL GIORNALE venerdì 12 gennaio
2007. 5
La Gran Bretagna dà un giro di
vite. 5
LA STAMPA venerdì 12 gennaio 2007. 5
LA FOTOGRAFIA ISTAT DEL PIANETA
PREVIDENZA - Da fame un quarto delle pensioni 5
LA STAMPA venerdì 12 gennaio 2007. 6
FUSIONE CON MITTEL - Hopa, lunedì
s’incontrano i soci bancari Il nodo-prezzo. 6
LA STAMPA venerdì 12 gennaio 2007. 7
INTESA-SANPAOLO - Zaleski ha il
2,2% della superbanca Le fondazioni lavorano al patto. 7
LA REPUBBLICA venerdì 12 gennaio
2007. 7
"Obiettivo crescita al 2,5%
sosteniamo i disoccupati" - Padoa-Schioppa: ammortizzatori inadeguati 7
LA REPUBBLICA venerdì 12 gennaio
2007. 8
Generali, a Trieste il leone
miagola - In Borsa ha fatto nettamente peggio dei suoi concorrenti 8
LA REPUBBLICA venerdì 12 gennaio
2007. 9
Rapporto Istat: quasi un quarto
del totale ha un trattamento inferiore a 500 euro mensili. Solo il 10% con
oltre 2 mila euro - 31,3% - 53% - 273 - Un terzo dei pensionati è under 65 -
Il 55% ha meno di mille euro al mese. Beneficiari di guerra: 390 mila - Sono
oltre 16 milioni e la spesa per i loro assegni sale del 3,3% ogni anno. 9
LA REPUBBLICA venerdì 12 gennaio
2007. 10
I rialzi rinviati a marzo - I
MERCATI - Bce, tassi fermi e le Borse festeggiano. 10
LA REPUBBLICA venerdì 12 gennaio
2007. 10
Il patto è pronto ad appoggiare la
conferma del presidente e di Colaninno e Monti all´assemblea del 18 -
Capitalia, Geronzi verso il reintegro - Ma i consulenti dell´Iss suggeriscono
ai fondi esteri di votare contro - Il via libera necessario dopo la
sospensione in seguito alle sentenze Bagaglino e Trevitex 10
LA REPUBBLICA venerdì 12 gennaio
2007. 11
L´OPERAZIONE - Il fronte vicino a
Gnutti frena, lunedì vertice tra le banche - Frizioni tra i soci Hopa per le
nozze con Mittel - Nessun cda convocato, lo scorporo della quota Telecom è
una delle tante ipotesi allo studio. 11
da Finanza&Mercati del
12-01-2007. 12
Progetto allo studio di Via XX
Settembre: la girata sarebbe vietata anche sotto i 12.500 euro E
Padoa-Schioppa corregge il decreto sull’antiriciclaggio bocciato dal
Consiglio di Stato. 12
da Finanza&Mercati del
12-01-2007. 12
Bernheim a consulto da Prodi
Generali rinvia il voto di lista. 12
da Finanza&Mercati del
12-01-2007. 13
Mutui a rischio Spazzati via gli
sconti fiscali 13
da Finanza&Mercati del
12-01-2007. 14
Zaleski ha il 2,25% di Intesa
Sanpaolo Il Leone al 5,07%.. 14
da Finanza&Mercati del
12-01-2007. 14
Moody’s: «Spazi di consolidamento
per le Popolari». 14
ITALIASERA venerdì 12 gennaio 2007. 14
L’Istat: Ogni 100 lavoratori
attivi ci sono 71 ex. Record di baby trattamenti - Pensionati, quattro
milioni al di sotto dei 500 Euro. 14
ITALIASERA venerdì 12 gennaio 2007. 15
Figli mantenuti anche se lavorano
- La Cassazione, quando lo stipendio è basso. 15
Corriere della Sera - NAZIONALE -
sezione: Economia - data: 2007-01-12 num: - pag: 25. 15
A sorpresa la Banca d'Inghilterra
ritocca gli interessi al 5,25%. Nella zona-euro il costo del denaro potrebbe
aumentare in marzo - La Germania va, ma la Bce gela l'Europa - Riviste al
rialzo all'1,7% le stime per l'Italia. Debito record: 1.605,4 miliardi 15
Corriere della Sera - NAZIONALE -
sezione: Economia - data: 2007-01-12 num: - pag: 25. 16
OLIVIER BLANCHARD - «La stretta
sui tassi non fa paura, Eurolandia correrà». 16
Corriere della Sera - NAZIONALE -
sezione: Economia - data: 2007-01-12 num: - pag: 29. 17
«Conto Arancio addio» Lascia
l'uomo d'oro italiano - Christian Miccoli si dimette da Ing Direct 17
Corriere della Sera - NAZIONALE -
sezione: Economia - data: 2007-01-12 num: - pag: 29. 18
Intesa Sanpaolo - Modiano: le
banche hanno resistito al «declinismo». 18
MF
- Riforma Tfr - Numero 009, pag. 4 del 12/1/2007. 18
Mini-imprese, il tfr resta in
cassa - Il principio del silenzio-assenso non si applica ai dipendenti di
aziende con meno di 50 addetti. - È da escludersi il passaggio a una forma di
previdenza complementare se il lavoratore non si esprime sulla questione. Ci
sono sei mesi per decidere che strada prendere. Il principio resterà in
vigore almeno fino al 2008. 18
MF
- Banche & Banchieri - Numero 009, pag. 13 del 12/1/2007. 20
Banca Italease dà l'ok all'aumento
di capitale. 20
MF
- Banche & Banchieri - Numero 009, pag. 13 del 12/1/2007. 20
Consorte bank, slitta la
ricapitalizzazione. 20
MF
- Banche & Banchieri - Numero 009, pag. 13 del 12/1/2007. 21
Ing direct lancia la rete degli
agenti ArancioNet - Prima convention nel borgo medievale di gargonza. 21
MF
- Banche & Banchieri - Numero 009, pag. 14 del 12/1/2007. 21
Carige accelera sulla
bancassurance - Il presidente berneschi vuole potenziare il processo di
cross-selling di prodotti venduti. - La banca genovese, dopo aver
ricapitalizzato per 15 milioni la controllata Vita Nuova ed emesso un nuovo
bond da 46 milioni per la Assicurazioni spa, vuole integrare le attività. 21
Return
Verso nuovi imminenti cambi nel management della banca
acquisita dal Credit Agricole.
Sindacati divisi sui nodi del personale - Friuladria, parte il riassetto dei
francesi - Il direttore Dal Mas conferma le dimissioni: «Resterò nel gruppo Intesa». Previsti cento esuberi
PORDENONE «Lascio per motivi personali. Ho scelto di
restare nel gruppo bancario dal quale provengo». Il
direttore generale di Friuladria, Roberto Dal Mas, conferma la sua decisione
di abbandonare l’incarico al vertice della banca passata nell’orbita
dei francesi del Credit Agricole. Dal Mas resterà nel
gruppo Intesa (sarebbe in partenza per Friulcassa) mentre nuove voci
su altre partenze si fanno avanti.
IL DIRETTORE Il direttore
generale ha precisato ieri come la sua uscita da Friuladria abbia a che fare
con «motivi strettamente personali» e che non pregiudicherà la solidità del
matrimonio Friuladria-Credit. «Sono arrivato a Pordenone su incarico di Banca
Intesa – ricorda Dal Mas – e nonostante le nuove prospettive di Friuladria
siano senza dubbio importanti e molto positive, ho
scelto di rimanere nel gruppo dal quale provengo. Diciamo
che è prevalso lo spirito di appartenenza al gruppo Intesa».
E stando alle voci – che Dal Mas
al momento non conferma – per lui ci sarebbe un importante incarico in
Friulcassa, conseguente la fusione Intesa San Paolo. Ai piani alti di
Friuladria, invece, si mormora che i francesi siano stati profondamente
dispiaciuti della scelta del direttore, sul quale contavano non poco per dare
continuità al management. La successione comunque non sembra imminente. «Ritengo che rimarrò al mio
posto fino a fine febbraio – dice Dal Mas – questi cambiamenti non avvengono
mai da un giorno all’altro».
I MOVIMENTI Il Credit Agricole,
grazie all'accordo con Intesa, è
entrato in possesso di una rete di 654 filiali che, con Friuladria e
Cariparma, vale quasi 6 miliardi. I francesi prevedono inoltre di rafforzarsi
con l'apertura di
altre 100 agenzie. In Friuli Venezia Giulia non si teme che il direttore
possa essere sostituito da un francese e questo per la volontà, espressa a
chiare lettere dallo stesso presidente Carron, di dare piena autonomia al management italiano. Molto dipenderà anche da quanto
avviene in Cariparma, altro acquisto francese sul quale si concentrerebbe la
strategia del gruppo e dove dovrebbe arrivare – stando sempre alle voci di
questi giorni – Francis Cantérini, manager che arriva
da Lione. Non ci sono nomi al momento per Friuladria dove invece girano
indiscrezioni della possibile partenza di un altro manager.
Indiscrezioni che potrebbero trovare conferma in tempi brevi.
IL PERSONALE Ieri intanto è stato firmato l’accordo per
l’istituzione di un fondo esuberi (i bancari non
godono di mobilità o ammortizzatori sociali simili), che dovrebbe consentire
ai lavoratori volontari, vicini alla pensione, di lasciare il proprio impiego
con il sostegno del fondo di solidarietà. Si parla di cento esuberi possibili
per Friuladria. L’accordo è stato firmato Cisl, Uil, Federdirigenti, e Fabi (federazione
autonoma bancari italiani che non ha firmato lo stesso accordo però per
Cariparma), mentre non ha visto concordi Cgil e Ugl. «La nostra scelta – spiega Nelly Tius – risponde a delle preoccupazioni
precise. Il problema è soprattutto per chi resta perché non ci è stato detto se saranno fatte nuove assunzioni per cui
ci chiediamo con quale personale, per altro, sarà garantita l’apertura dei
nuovi sportelli. Attendiamo di conoscere il piano industriale per capire
quali sono le intenzioni di Credit Agricole». Anche le garanzie date dal gruppo Intesa sono generiche
secondo la Cgil. Da qui la decisione di non firmare.
Martina Milia
Return
(ANSA) - MILANO, 11 GEN - In una nota
congiunta diffusa dai sindacati di Intesa Sanpaolo dopo il primo incontro a
Torino con l'azienda, i
rappresentanti dei lavoratori precisano tra l'altro
di aver chiesto "di affrontare prioritariamente le tutele relative alla
mobilità territoriale e professionale riveniente dalla fusione, nonché alla
cessione delle filiali, a partire dalle tutele occupazionali, sia in
relazione all'accordo con Credit
Agricole che in conseguenza all'intervento
dell' Antitrust". Secondo
quanto precisano i sindacati la banca ha comunicato
che per individuare queste ultime "occorrerà aspettare qualche
mese". L'obiettivo della
trattativa di fusione avviata oggi è, per le diverse sigle sindacali
coinvolte (Dircredito, Fabi, Falcri, Fiba/Cisl, Fisac/Cgil, Silcesa, Sinfub,
Ugl, Uilca), innanzitutto quello di cercare un'armonizzazione contrattuale per i lavoratori,
individuando norme uguali. Sulle future assunzioni del gruppo i sindacati
affermano di aver tra l'altro ribadito il "principio costituzionale del libero accesso
alle selezioni". Alla delegazione della superbanca è stato anche chiesto
"il rispetto dell'impegno
aziendale, derivante dal contratto integrativo del Sanpaolo, al completamento
delle assunzioni previste per il territorio di Napoli". (ANSA).
Return
di Rodolfo Parietti
da Milano - Jean-Claude Trichet
fissa per marzo l’appuntamento con la prima stretta del 2007, dopo che ieri
la Bce ha deciso di lasciare i tassi invariati al 3,5%. «Non direi nulla qui
per mutare le aspettative dei mercati che potremmo
fare qualcosa alla fine del primo trimestre», ha precisato con l’abituale
chiarezza il presidente dell’Eurotower, nel corso della conferenza stampa che
ha seguito il direttivo dell’istituto di Francoforte.
Seppure alla vigilia vi fossero ancora margini di dubbio
sulla tempistica che l’Eurotower avrebbe adottato in materia di politica
monetaria (gli analisti collocavano il prossimo rialzo da un quarto di punto
in febbraio o in marzo), la strategia meno aggressiva indicata da Trichet ha
avuto ripercussioni sui mercati dei cambi, dove l’euro è stato costretto per
la prima volta in quasi due mesi ad arretrare al di sotto
di quota 1,29 dollari. Nulla muta, tuttavia, nel quadro valutario, con
il biglietto verde destinato in prospettiva a soffrire ancora proprio a causa
del progressivo restingersi della forbice tra i tassi europei e quelli
statunitensi. Né la posizione attendista assunta dalla Bce sembra potersi
ricollegare in alcun modo alle pressioni esercitate nell’ultimo periodo da
alcuni Paesi dell’Unione, in particolare la Francia,
favorevoli a un ammorbidimento della gestione monetaria. Ancora una volta,
Trichet ha rivendicato l’indipendenza della banca centrale, «un fondamento
del Trattato costitutivo dell’area dell’euro»,
ricordando anche a Parigi, non senza una punta di polemica, che «in ogni
democrazia europea, così come in Francia, sono stati varati dei cambiamenti
alla Costituzione, proprio per consentire l’indipendenza della Bce».
Il banchiere francese, del resto, sente di avere sulle
spalle ancora maggiori responsabilità dopo l’ingresso nell’euro club della
Slovenia: «Siamo in 13 Paesi - ha spiegato -, siamo
probabilmente più di 315 milioni di cittadini e per loro dobbiamo assicurare
la stabilità dei prezzi».
Stabilità che secondo la Bce continua a
essere minacciata, rendendo ancora difficile l’obiettivo di riportare
l’inflazione sotto il target del 2%.
Così, nonostante Trichet non abbia fatto
ricorso ieri all’abituale espressione, ovvero «stretta vigilanza» sui prezzi,
che indica come imminente un giro di vite al costo del denaro, la strada è
segnata. Francoforte può contare su un ciclo economico espansivo («le
condizioni per l’economia in zona euro - ha detto il numero uno della Bce -
continuano a crescere in modo solido e vicino al suo potenziale»), confermato
dalla crescita in novembre della massa monetaria (più 9,3%) e dalla revisione al rialzo delle previsioni per il primo
trimestre 2007 della Commissione europea, secondo cui il Pil salirà tra lo
0,4 e lo 0,9 per cento.
Return
di Redazione
da Milano - Con una mossa a
sorpresa, la Banca d’Inghilterra ha alzato ieri i tassi d’interesse di un
quarto di punto, portandoli al 5,25%. La decisione è giunta inaspettata,
tenuto conto che gli economisti davano per scontato un costo del denaro
invariato al 5%. È il terzo giro di vite varato dall’istituto centrale da
agosto scorso per arginare l’accelerazione dell’inflazione e della dinamica salariale. Con l’ultima manovra, i tassi di interesse inglesi hanno raggiunto lo stesso livello del
costo del denaro degli Usa. I banchieri centrali inglesi hanno motivato la
decisione spiegando che ritengono probabile un ulteriore
aumento dei prezzi al consumo al di sopra della soglia di tolleranza nel
breve termine e che la stretta si è resa necessaria per riportare nel medio
periodo l’inflazione entro il tetto prefissato. Nel mese di novembre, i
prezzi al consumo sono cresciuti nell’isola del 2,7%, restando al di sopra del target fissato dall’istituto per il
settimo mese consecutivo. L’istituto centrale inglese ha inoltre rilevato che
la crescita dell’economia del Paese prosegue a ritmo robusto. Nel terzo
trimestre l’espansione dell’economia è stata del 2,7%, la più forte negli
ultimi due anni. Sulla scia dell’intervento di Londra, la
sterlina è schizzata verso l’alto fino a toccare quota 1,95 dollari, mentre
la Borsa ha chiuso con un guadagno dell’1,13% dopo aver però reagito male
alla stretta.
Return
[FIRMA]STEFANO LEPRI
ROMA - I pensionati di vecchiaia sono 10.880.000 e hanno
ricevuto nel 2005 circa 1.265 euro al mese in media.
Tra loro, sono 1.739.000, per il 70% donne, quelli in condizioni più
difficili, con meno di 500 euro al mese; mentre
3.083.000 hanno percepito tra 500 e 1000 euro. Ma non sono tutti davvero
anziani, questi pensionati, perché il 28% ha meno di
64 anni; e nell’insieme sono tanti, 17,7% della popolazione italiana, circa
uno ogni due occupati. I dati statistici completi diffusi ieri dall’Istat
aiutano a capire di che cosa si stia discutendo,
quando si parla di revisione del sistema previdenziale.
L’analisi dell’Istituto centrale di statistica, condotta
in accordo con l’Inps, contiene molti altri dati. Dei 10,9 milioni di cui
sopra, il 74,5% riceveva (sempre nel 2005) unicamente pensioni di vecchiaia e
il 25,5% anche altre prestazioni pensionistiche. Gli uomini rappresentano il
55,4%, ma ricevono il 64,2% dei redditi a causa del maggiore importo medio
delle loro pensioni, 17.618 euro all’anno rispetto
ai 12.169 euro percepiti in media dalle donne. Quattro milioni e 684 mila
hanno diritto a una sola pensione, 321.000 a due o
più pensioni di vecchiaia, 1.019.000 cumulano con altre pensioni.
Rispetto al 2004, nel 2005 il numero dei pensionati è
aumentato dell’1,2%, mentre l’importo annuo dei loro redditi pensionistici è
cresciuto del 4,2% (4,0% per i soli redditi da pensione di vecchiaia): non c’è stata dunque nessuna perdita di potere d’acquisto. Nel
Nord i pensionati di vecchiaia sono più numerosi rispetto alla popolazione,
il 20,7% (molto distante dal 13,7% del Mezzogiorno) e ricevono pensioni di importo in media leggermente superiore.
L’Istat ha censito anche tutti gli altri tipi di
pensione: ai superstiti, di invalidità,
indennitarie, di invalidità civile, sociali e di guerra. Nella condizione più
grave di bisogno sono i 460.000 anziani, all’80% donne, che ricevono soltanto la pensione sociale, nella misura media
di 398 euro al mese. Un secondo gruppo di pensionati sociali dispone anche di altri redditi da pensione, e riesce di poco a superare
i mille euro al mese.
Mettendo insieme tutti i diversi tipi di pensione, in
Italia alla fine del 2005 c’erano 16.560.879 titolari di pensione, numero
pressochè invariato rispetto al 2004; mentre l’importo annuo dei redditi
percepiti, pari a 214.881 milioni, mostra un incremento del 3,3% da un anno
all’altro. Gli uomini sono il 47% del totale ma
ricevono il 55,9% dei redditi pensionistici per effetto di un maggior importo
medio (15.451 euro) rispetto alle donne (10.783 euro).
Il 68,4% del totale dei censiti ha diritto a una sola pensione, il 24,2% ne cumula due e un 7,4% è
titolare di almeno tre pensioni. I dati raccolti da Istat e Inps mostrano poi
che il 47,2% dei pensionati è nel Nord (oltre 7,8 milioni di persone), contro
il 30,2% nel Sud e il 19,5% nel Centro.
Grazie all’aumento degli occupati, negli ultimi anni è risultata in leggera discesa la proporzione tra pensionati
- di tutte le classificazioni - e occupati (importante dato che sono i
contributi degli occupati a pagare le pensioni).
Da 74 pensionati per 100 occupati nel 2001 si è
lentamente passati a 73 nel 2002, 72 nel 2004 e 71 nel 2005. Ma il rapporto è
molto squilibrato nel Mezzogiorno, dove a pensionati meno numerosi
corrisponde un ancor più basso numero di occupati
ufficiali (altri non risultano perché illegali): dunque la proporzione è di
78 pensionati ogni 100 occupati.
Return
MILANO - Nessuna convocazione ufficiale, ma gli
azionisti della bresciana Hopa sono in preallerta per la ratifica di un
possibile accordo che porti alla fusione con Mittel, l’altra finanziaria
targata Giovanni Bazoli. Lunedì è previsto un incontro tecnico tra le quattro
istituzioni finanziarie - Antonveneta, Montepaschi, Bpi e Unipol - socie di
Hopa. Il patto di sindacato della società e subito a seguire un cda
potrebbero tenersi lo stesso giorno o più probabilmente il 25 del mese, in
contemporanea con un cda della Mittel già convocato. Ipotesi, allo stato
delle cose. E ipotesi sono quelle che circolano ancora sui tavoli del
negoziato: da una parte Bazoli e Romain Zaleski, primo azionista di Mittel
con il 20%, che propongono una fusione con Hopa e di
conseguenza la valutano al solo valore netto delle partecipazioni, circa un
euro per azione; dall’altra il «nucleo duro» di soci Hopa capitanati da
Chicco Gnutti e riuniti nella Fingruppo che punterebbero a ottenere un premio
per l’avviamento della società. In questo quadro l’ipotesi circolata di uno
scorporo da Hopa della Holinvest - la scatola che
custodisce il 3,7% di Telecom Italia - pare una posizione negoziale di Gnutti
e soci e non un risultato raggiunto. Le trattative proseguono: il nodo resta
il prezzo.
Return
TORINO - Il finanziere Romain Zaleski ha il 2,25% di Intesa Sanpaolo. È la novità principale relativa
all’aggiornamento dell’azionariato della superbanca dopo la fusione tra i due
istituti, pubblicato ieri dal sito della Consob. D’altro canto, il numero uno
della Carlo Tassara aveva dichiarato da tempo,
subito dopo il blitz che lo aveva portato a una quota vicina al 3% nel
Sanpaolo, di volersi attestare sopra al 2% anche dopo la fusione
Torino-Milano. Sempre sul versante degli azionisti principali, l’incontro
delle quattro fondazioni per definire un patto di stabilità dovrebbe tenersi
la prossima settimana. L’incontro fra i presidenti della Compagnia di
Sanpaolo Franzo Grande Stevens, della Fondazione Cariplo Giuseppe Guzzetti,
della Fondazione Cassa di Padova e Rovigo, Orazio
Rossi, e della Fondazione Cassa Carisbo, Fabio Roversi Monaco, definirà i
parametri del patto. Nell’incontro si parlerà anche della guida del patto.
Roversi Monaco ha spiegato come al momento «non ci sono le condizioni» per
aumentare la quota della fondazione bolognese nell’azionariato. Clima construttivo, secondo quanto riferiscono i sindacati, nel
primo incontro tra i vertici della banca e le rappresentanze dei dipendenti.
Return
"Obiettivo crescita al 2,5% sosteniamo i disoccupati" - Padoa-Schioppa:
ammortizzatori inadeguati
l´economia - Il ministro del
Tesoro: un tasso di sviluppo formidabile, ma ora largo alle riforme
DAL NOSTRO INVIATO - CASERTA - Il rischio declino c´è
ancora. Davanti ai leader dei partiti di maggioranza e a tutto il governo,
riuniti in seminario a Caserta, il ministro dell´Economia, Tommaso
Padoa-Schioppa frena sul facile ottimismo che attraversa le forze politiche
dopo la serie di dati positivi arrivata dal versante
dei conti pubblici, con più entrate e meno deficit. La strada è ancora lunga, ha detto Padoa-Schioppa. E l´approdo finale dipende dal comportamento di tutti.
«Questa è la sfida», ha detto. Ma intanto bisogna
mettere in moto la crescita, perché sta qui il vero gap che separa l´Italia,
non solo dalla tumultuosa cavalcata dell´economie asiatiche, ma anche dagli
Stati Uniti e dagli altri paesi della vecchia Europa. Il ministro, che oggi
affronterà il tema spinoso dalla riforma della legge Finanziaria dopo le
difficoltà che hanno segnato l´ultima sessione di bilancio, ha indicato un
obiettivo a medio termine: crescita del 2,5 per cento nel 2011. «Un tasso
formidabile - ha detto - per un paese come l´Italia». Ma ad una condizione:
che tutte i fattori che ostacolano lo sviluppo
vengano azzerati. Dal basso tasso di partecipazione al
mercato del lavoro di donne e giovani, soprattutto meridionali, alla debole
scolarizzazione fino ad una burocrazia «paralizzante e inefficiente».
Poi va completato il sistema delle tutele sociali, a
partire dagli ammortizzatori sociali, che restano troppo carenti per
coloro che perdono il lavoro.
«L´Italia - ha detto dunque l´ex banchiere di
Francoforte - non è ancora fuori dai rischi del
declino e il fatto che ci sia un momento di ripresa non vuol dire che è stata
agganciata la locomotiva della crescita. Ora la sfida è quella di trasformare
la ripresa in crescita e solo questo significherebbe
uscire definitivamente dal declino». Da qui una sorta di appello
alla coralità dell´azione: «non è necessario spendere di più, bisogna
spendere meglio». La ricetta è diversa: ogni ministro può fare la propria
parte, mettendo la crescita al centro dei propri interventi. E questo darà risultati.
Non parla di pensioni, il titolare dell´economia. Anche
perché è lo stesso premier Romano Prodi a dire che
non è tema «dell´immediato». Ma è del prolungamento dell´attività lavorativa
che parla quando denuncia la così bassa
partecipazione al mercato del lavoro delle persone comprese tra i 55 e i 64
anni. Siamo in coda ai paesi dell´Europa e risiede anche lì uno dei fattori
della perdita progressiva di competitività del
nostro paese. Per questo i nostri handicap possono «trasformarsi in
opportunità».
Diventa «politico» il tecnico Padoa-Schioppa
quando sostiene che nella precedente legislatura «la bassa crescita ha
avuto una incubazione lunga». Non si è visto, in sostanza, ciò che stava
accadendo. Per questo - come ha detto anche il premier
Romano Prodi - è questo il momento di imboccare la strada della
crescita.
«Senza la quale - ha detto il titolare
dell´Economia - non c´è equità, e nemmeno risanamento definitivo dei conti
pubblici». Ecco perché è indispensabile l´apporto di tutti. Non solo
dei ministri economici. E allora un contributo
fondamentale potrà arrivare dal settore pubblico assicurando servizi
essenziali come la giustizia, la sicurezza, l´istruzione e i servizi sociali.
Non serve spesa pubblica. «E´ la crescita che porta risorse al bilancio, non
il contrario», conclude Padoa-Schioppa.(r. ma.)
Return
Generali, a Trieste il leone miagola - In Borsa ha fatto nettamente peggio dei suoi
concorrenti
ALESSANDRO PENATI
Come da copione: si avvicina l´assemblea di Generali e
torna in primo piano il problema del suo controllo. Capitali stranieri
starebbero manovrando per sferrare l´assalto. Bernheim rilascia un´allarmata intervista a difesa dell´italianità del
gruppo. Banchieri, imprenditori e politici raccolgono l´appello. Perfino il
ministro degli Esteri è sceso in campo: trattandosi di capitali
"stranieri", avrà pensato che fosse competenza del suo dicastero. Un fumo che rischia di nascondere l´arrosto.
Dalla fine della bolla, Generali ha avuto un andamento
in Borsa nettamente peggiore rispetto ai maggiori concorrenti: quattro anni
fa, Generali era la prima compagnia assicurativa
europea, con un valore di circa 30 miliardi; oggi ne capitalizza addirittura
22 meno di Axa, 25 meno di Allianz e 30 meno di Ing. Né si può affermare che
sia a buon mercato: vale 13 volte gli utili attesi nel 2007, contro una media
di 9 per le maggiori 15 compagnie europee.
Il successo di un´assicurazione
dipende dalla capacità di gestire i rischi e le attività finanziarie detenute
per far fronte agli impegni delle polizze vita. Nei rischi, il rapporto tra
danni pagati e premi incassati di Generali (98%) è
sopra la media (per esempio, Allianz, in Italia, è al 90%); mentre la
redditività degli attivi è sotto la media (utili prima delle imposte pari al
10,7% delle attività nette ai prezzi di mercato, rispetto al 13% medio del
settore in Europa). La prima difesa dal rischio scalata sarebbe un management più capace.
Tra le maggiori compagnie europee, solo Allianz ha
finanziato la crescita degli ultimi anni ricorrendo a
un significativo aumento del capitale. Se il
management di Generali aveva un obiettivo dimensionale, non riuscendo a
raggiungerlo con la redditività interna, avrebbe potuto perseguirlo
attraverso le acquisizioni. Le occasioni non sarebbero mancate: solo in
Europa, ci sono 36 compagnie quotate, molte delle quali, dopo la bolla, erano
a prezzi da saldo; poteva comperare una banca in Italia (invece di crearne
una dal nulla, per poi quotarla); o poteva ritirare dal mercato la quota di
minoranza di Alleanza. L´offerta di capitali non
sarebbe certo mancata. Ma il management non ha saputo
affrancarsi dai suoi azionisti che pretendono di comandare con investimenti
ridotti, e vedono qualsiasi aumento di capitale (con la conseguente
diluizione delle quote) un ostacolo all´esercizio del controllo.
In un´intervista al Financial
Times, l´amministratore delegato di Generali imputa la sottovalutazione della
compagnia al "rischio Italia": l´interferenza della politica che
scoraggia gli investimenti esteri. Sorprendente: se quello che afferma fosse
vero, Generali non correrebbe alcun pericolo "straniero". In
realtà, è stato proprio questo pericolo (e Draghi a
via Nazionale) il fattore più importante dietro il fenomenale aumento dei
titoli bancari italiani, le ristrutturazioni, e le tre megafusioni degli
ultimi 10 mesi. Magari ci fosse un´Opa ostile su
Generali, nell´interesse dell´efficienza e degli investitori.
Se si diradasse il fumo, quello
che tutti vedrebbero è una contesa, tutta italiana, per il controllo di
Generali. Generali è azionista di riferimento di
Intesa-Sanpaolo (Isp), che controlla la terza assicurazione (Eurizon), e le
offre accesso alla principale rete distributiva italiana. Gli amministratori
di Generali siedono sia nel consiglio di sorveglianza, sia in quello di
gestione di Isp. Ovvio che Isp abbia
interesse a controllare un azionista determinante che è anche,
paradossalmente, partner industriale e concorrente. In un vero mercato dei
capitali, Isp studierebbe un´Opa su Generali, per poi fondersi, ottenendo
enormi economie di costo e facilitando a entrambe
l´espansione all´estero. E i problemi con
l´Antitrust non sarebbero peggiori di quelli già risolti. Ma
siamo in Italia: ci si muove sotto traccia, chiedendo agli "amici"
di accumulare pacchettini di titoli, da giocare in una trattativa in vista
dell´assemblea.
Sul fronte opposto, c´è il management
di Mediobanca che da sempre esercita il controllo di fatto su Generali pur
possedendone solo il 14% (leggere la relazione Antitrust): ovvio che facciano
di tutto per non perderlo. E ci sono gli azionisti
di Mediobanca, che tradizionalmente vorrebbero comandare di più. Unicredito
in particolare, da anni sfoglia la margherita: vendere la quota e pensare a un futuro sempre più all´estero; o comandare veramente:
ma bisognerebbe lanciare un´Opa su Mediobanca (l´unico azionista con i soldi
per farlo). O la terza via di una spartizione: Generali a
Ips, credito al consumo e banca di investimento a Unicredito. Ma siamo in Italia: le contese per il controllo
trasparenti e di mercato non abitano qui.
A fine anno, volendo fare dell´ironia,
avevo dipinto per il 2007 il radioso scenario di un capitalismo italiano
senza mercato dei capitali. Voleva essere una caricatura; ma la vicenda
Generali dimostra che forse è la radiografia di una realtà sconfortante.
Return
Rapporto Istat: quasi un quarto del totale ha un trattamento
inferiore a 500 euro mensili.
Solo il 10% con oltre 2 mila euro - 31,3% - 53% - 273 - Un terzo dei
pensionati è under 65 - Il 55% ha meno di mille euro
al mese. Beneficiari di guerra: 390 mila - Sono oltre 16 milioni e la spesa
per i loro assegni sale del 3,3% ogni anno
ROMA - Con pochi soldi in tasca, ma ancora abbastanza
giovani. Un pensionato su tre, in Italia, smette di lavorare prima dei 65
anni. Certo la quota è fortemente influenzata dal
fatto che per le donne l´età dello stacco arrivi a 60 anni e che per i
lavoratori che hanno iniziato la loro attività da giovani conti - più che la
data di nascita - la quantità di contributi versati (secondo le attuali
regole fino alla fine del 2007 gli uomini possono andare in pensione con 57
anni di età e 35 di contributi o con 39 anni di contributi a qualsiasi età).
Ma quella parte di governo e di opposizione che
spinge per mettere mano subito ad una revisione della previdenza vedrà di
certo, nei dati Istat, la conferma di una teoria.
Il ritratto dell´italiano che ha smesso di andare in
ufficio o in fabbrica non riserva sorprese sui grandi numeri: i pensionati
sono 16.560.879 più o meno gli stessi di un anno fa
e la spesa che li riguarda (quasi 215.000 milioni di euro) è aumentata in un
anno del 3,3 per cento. La maggioranza è composta da
donne (53 per cento), in genere legate ad assegni più bassi della media.
Età e assegni: Le prime particolarità arrivano parlando di età: guardando ai dati anagrafici il 31,1 per cento
delle prestazioni pensionistiche sono distribuite ad ex lavoratori che hanno
meno di 65 anni, ma oltre la metà dei pensionati (il 54,8 per cento) non
arriva a superare la somma mensile dei mille euro. Il 23,8 fa i conti
addirittura con una somma non superiore ai 500 euro. Il 23,4 per cento del
totale può contare su assegni complessivi tra i 1.000 e i 1.500 euro al mese mentre l´11, percepisce tra i 1.500 e i 2.000
euro. Meno di un pensionato su 10 (il 9,9 per cento) può contare su redditi
da pensione superiori a 2.000 euro al mese.
Donne e uomini: Resiste il gap
fra femminile e maschile. Il rapporto su «I beneficiari delle prestazioni
pensionistiche» appena stilato dall´Istat fa notare come le donne
rappresentino sì la maggioranza dei pensionati, ma possano contare solo sul
44,1 per cento dei redditi da pensione complessivi. A fronte di assegni medi per ogni uomo pensionato di 15.451 euro
l´anno le donne si fermano a 10.783: la differenza media vale un terzo. Va
anche detto che le donne, considerate le maggiori
difficoltà e la maggiori irregolarità registrate nella vita lavorativa,
contano su versamenti contributivi più bassi e sono spesso titolari di
trattamenti di reversibilità o pensioni sociali.
Nord e Sud: Resiste anche il gap fra Nord e Sud: nelle
regioni settentrionali risultano usciti dalla
attività lavorativa 273 pensionati ogni mille, una quota superiore di quella
del Centro (265) e del Sud (263), ma la percentuale si capovolge se si fa
riferimento alla popolazione occupata. Rispetto alla media nazionale di 71
pensionati ogni 100 occupati (in calo rispetto ai 74 del 2000) al Sud la
percentuale sale a 78 ogni 100 mentre al Nord scende
a 67 ogni 100. L´importo medio del reddito da pensione in Italia è pari a
12.975 euro annui, ma se la media al Nord fatto 100 l´Italia è pari al 105,4
per cento al centro raggiunge il 106,4% mentre al
Sud scende all´87,5% della media nazionale.
L´invalidità: Le pensioni di invalidità
e di inabilità sono diminuite del 6,3% a 2.069.366 mentre le pensioni di
vecchiaia (nelle quali sono comprese anche i ritiri per anzianità) sono
aumentate leggermente da 10.753.424 a 10.881.960 unità. Sono infine aumentati
gli assegni di invalidità civile (non vedenti, non
udenti per esempio) passando da 2.057.881 a 2.185.037 e quelli sociali (da
755.235 a 769.497).
La vecchiaia: I titolari di pensioni di vecchiaia - si
legge ancora nella ricerca - sono 10,9 milioni, di cui il 74,5 per cento
riceve unicamente pensioni di vecchiaia e il 25,5 beneficia anche di altre prestazioni pensionistiche. Gli uomini
rappresentano il 55,4 per cento: percepiscono il 64,2 per cento dei redditi
pensionistici, a causa del maggiore importo medio delle loro entrate
pensionistiche (17.618 euro rispetto ai 12.169 euro
percepiti in media dalle donne). Escludendo i pensionati residenti all´estero
(321 mila circa) e i casi non ripartibili geograficamente (79), si osserva
che il 56,0 per cento dei pensionati di vecchiaia risiede nelle regioni
settentrionali (5,9 milioni di individui), il 24,1
per cento nelle regioni meridionali e insulari e il 19,8 in quelle centrali.
Return
ROMA - Tassi europei fermi, per ora. Ma
Jean Claude Trichet, presidente della Bce, lascia aperta la strada ad un
nuovo rialzo, il settimo da dicembre 2005: gli analisti se lo aspettano a
marzo. Nell´attesa, a sopresa, si muove l´Inghiterra: per la terza volta da
agosto, nel tentativo di arginare la dinamica
salariale e la corsa dell´inflazione, il costo del denaro sale di un quarto
di punto, fino al 5,25%, lo stesso livello degli Stati Uniti.
L´Europa invece resta a quota 3,50%. E
la decisione della Bce deprime l´euro, che scende ai minimi da 8 settimane
sul dollaro (intorno a 1,2925) e mette le ali alle Borse europee: ovunque gli
indici salgono.
Return
ANDREA GRECO
MILANO - Count down inquieto per l´assemblea di
Capitalia chiamata a votare sul reintegro nei vertici di Cesare Geronzi,
Roberto Colaninno ed Ernesto Monti. Il patto di
sindacato, che in queste ore decide la linea dei soci forti, intende
reinsediarli, dopo la sospensione seguita, un mese fa, alle condanne per
bancarotta nei crac Bagaglino e Trevitex. I soci del mercato, però, sono sul
piede di guerra, in ciò confortati dalle indicazioni di Iss,
società di consulenza per investitori. E
l´Institutional Shareholder Services, in due note del 29 dicembre e 3
gennaio, ha suggerito di votare per la revoca dei tre manager, condannati
subito dopo la nomina nel cda romano. «Viste le ragioni della loro
sospensione – scrive Iss, che si rifà alle sentenze
di primo grado – raccomandiamo ai soci di votare a favore della revoca dei
mandati di Geronzi, Colaninno e Monti». Per tutti fa testo il decreto 161 del
´98, che impone di sospendere ogni manager bancario
condannato. I presidenti di Capitalia e di Piaggio sono accusati dal
tribunale di Brescia di avere finanziato, nelle passate funzioni,
l´immobiliare Bagaglino in via di "decozione". Similmente, Milano
ha condannato Monti per bancarotta preferenziale e
distrazione, nel processo sul crac della tessile Trevitex, che nel ‘95 lasciò
un buco da 850 miliardi di lire.
La bocciatura di Iss è quella
del leader mondiale nella consulenza al mercato, attiva dall´85 con 1.700
clienti istituzionali. Ma non dovrebbe cambiare gli eventi: si stima che solo
un 2-3% di azioni straniere delegherà Iss per
l´adunata, mentre dal 31% del patto di sindacato confermerà, giovedì (o il 19
in seconda) la fiducia ai manager sospesi. C´è peraltro da sciogliere un
aspetto formale, che rischia di intaccare la sostanza. Iss rimarca
l´incertezza legata alla formulazione della domanda che il patto – con
probabilità, il presidente Vittorio Ripa di Meana – porterà al voto. La nota
di convocazione, all´odg, è generica: «Deliberazioni ai sensi del decreto
161». Non è un sofisma, perché chi vota per delega decide in anticipo se
barrare sulle schede le formule "a favore", "contro" o
"astensione". Iss raccomanda la prima delle tre opzioni
("a favore"), poiché ritiene che il patto proporrà ai soci di dar
luogo "alla revoca" dei sospesi. Ma tale
voto si rivelerebbe un boomerang se il patto ribaltasse l´ottica, portando al
voto "il reintegro" dei dirigenti. Il dubbio si era presentato già
lo scorso aprile in occasione del reintegro di Geronzi dopo la sospensione
per Parmalat. Questa doppia possibilità potrebbe pure scoraggiare l´afflusso
di soci del mercato – padroni di almeno il 60% della banca – all´appuntamento.
Tra loro i fondi italiani, rappresentati da Assogestioni
sulla governance. E non pervenuti a dicembre,
all´assemblea Capitalia per nominare il cda.
Return
L´OPERAZIONE - Il fronte vicino a Gnutti frena, lunedì vertice tra le
banche - Frizioni tra i soci Hopa per le nozze con Mittel - Nessun cda
convocato, lo scorporo della quota Telecom è una delle tante ipotesi allo
studio
ETTORE LIVINI
MILANO - La Hopa si presenta
con l´azionariato diviso alla "fase due" dei negoziati per l´intesa
con Mittel. Con le banche e alcuni altri soci pronti a stringere per i fiori
d´arancio e il nucleo storico degli azionisti bresciani più vicini a Emilio Gnutti perplessi sia sulle modalità delle
trattative che sulla bontà dell´offerta (peraltro ancora non formalizzata)
della finanziaria presieduta da Giovanni Bazoli.
A testimonianza delle divisioni in Corso Zanardelli,
lunedì è stato convocato a Milano un incontro per fare il punto della
situazione cui parteciperanno solo le banche (Mps,
Unipol, Bpi e Antonveneta) e forse qualche altro singolo socio industriale.
Un appuntamento informale, senza ordine del giorno, dedicato a un esame dell´evoluzione dei negoziati. All´incontro non
risultavano ancora invitati nella serata di ieri i
vertici di Fingruppo, la finanziaria bresciana che raccoglie l´entourage
storico di Gnutti cui fa capo il 40% di Hopa. Al momento non è stato
convocato nemmeno un cda anche se qualcuno è stato
messo in stand-by per un appuntamento il 25 gennaio, in contemporanea con
Mittel, nel caso si arrivi un accordo.
«Bisogna che tutti si rendano conto che siamo a una svolta importante per il gruppo – dice uno dei
banchieri che seguono i negoziati –. Quella della Mittel è l´unica proposta
seria e anche l´unico modo per consentire a Hopa di
voltare davvero pagina». Anche il fronte pro-Bazoli però è deciso a non
svendere la società, per evitare altre svalutazione
dopo il bagno di sangue già patito per il crollo di Telecom in Borsa. Proprio
la partecipazione del 3,7% di Telecom controllata dalla holding
è stata nei giorni scorsi al centro di un´ipotesi di scorporo per facilitare
la fusione tra i due promessi sposi. Ma allo stato resta appunto un´ipotesi tra le tante sul tavolo e secondo alcuni
azionisti tra l´altro sarebbe di non facile realizzazione.
L´incontro di lunedì delle
banche potrebbe servire – più che a definire l´intesa con Zaleski & C. –
a trovare un modo per vincere le resistenze interne all´azionariato di Hopa.
Qualcuno ritiene che una strada percorribile per spianare la strada alle nozze bresciane potrebbe essere quella di
liquidare Gnutti e i soci che gli sono rimasti più fedeli prima della
fusione. Ma non sarebbe un´operazione a costo zero.
La Gp finanziaria del finanziere ha il 25% circa di Fingruppo e una quota diretta
vicina al 3% in Hopa.
Return
da
Finanza&Mercati del 12-01-2007
Tutti gli assegni non trasferibili. Questo, secondo
quanto risulta a Finanza & Mercati, il
rivoluzionario progetto allo studio del Tesoro. Per ora si tratta solo di una ipotesi cui gli esperti di Via XX Settembre stanno
lavorando nell’ambito delle misure per contrastare il riciclaggio di denaro
sporco. Ma se venisse messa in campo comporterebbe
uno stravolgimento nei sistemi di pagamento del nostro Paese. Il piano
prevede infatti di proibire la trasferibilità degli
assegni bancari anche per importi inferiori a 12.500 euro, cioè il limite
oltre il quale è già vietata la cosiddetta girata. La decisione, di fatto,
limiterebbe drasticamente l’uso del più classico dei titoli di credito. Anche se in costante calo (nel 2005 l’utilizzo
è sceso del 5,13% rispetto all’anno precedente),
l’assegno in Italia è ancora di moda. Gli ultimi dati di Bankitalia dicono che ogni anno viene emesso quasi mezzo milione di
pezzi, per un importo complessivo che supera il miliardo di euro. La fetta
maggiore (circa il 78,8%) riguarda gli assegni bancari. Il resto, invece, sono i circolari. Tra i titoli bancari, stando ad alcune
stime del settore, la quota più grande è di tagli piuttosto contenuti, spesso
inferiore a 10mila euro, usati soprattutto per concludere
affari di piccoli importi e, in particolare, dai commercianti. Quest’ultimi
sarebbero i più penalizzati, insieme con le piccole e medie imprese, da un
eventuale giro di vite sulla trasferibilità, visto che spesso l’assegno viene «girato» diverse volte prima di essere portato
all’incasso. Sempre sul fronte della lotta al denaro sporco, il ministro
dell’Economia, Tommaso Padoa-Schioppa, ha provveduto a
correggere il decreto sull’antiriciclaggio. La prima versione del
provvedimento era stata bocciata a dicembre dal Consiglio di Stato, che in pratica
aveva giudicato un po’ troppo leggere le misure messe a punto da
Padoa-Schioppa. Due, in particolare, i punti che non
avevano convinto i giudici di Palazzo Spada. Il responsabile
dell’Economia aveva escluso i Caf dai soggetti sottoposti all’obbligo
di segnalazione sospette. E poi aveva previsto un requisito per i
professionisti (l’iscrizione a un albo), peraltro
già bocciato dalla Commissione europea. Il nuovo testo è stato già trasmesso
al Consiglio per il via libera definitivo.
Return
da Finanza&Mercati
del 12-01-2007
Dopo il doppio colpo di mannaia dell’Antitrust - prima sulla Toro, poi su Intesa Sanpaolo - Antoine Bernheim ha
giudicato che fosse giunto il momento di esporre le sue doléances al governo
Prodi. Così nei giorni scorsi il presidente delle Generali
ha avuto un colloquio riservato a Palazzo Chigi con il premier Romano Prodi.
Al quale, riferiscono fonti autorevoli, ha esternato le proprie perplessità
sull’atteggiamento delle varie autorità amministrative, in primis
dell’Antitrust di Antonio Catricalà, nei confronti
del Leone di Trieste. E ha fatto presente l’esigenza di un chiarimento alla
luce degli sviluppi recenti che non hanno premiato certo la strategia
italiana del Leone triestino, dalla vicenda Toro a quella di
Intesa Sanpaolo. Senza considerare la «sorpresina» sugli agenti
plurimandatari, contenuta nel decreto Bersani di luglio, a pochi giorni
dall’acquisizione della Toro. «Le
Generali sono un patrimonio italiano che vuole difendere la propria
identità, e che hanno contribuito a rafforzare l’italianité di tutto il
sistema», ha detto pressapoco Bernheim, ricordando anche il ruolo giocato
dalla compagnia triestina nelle nozze bancarie dell’anno, quelle fra Intesa e
Sanpaolo. Che come «premio» hanno comportato la perdita della distribuzione
delle proprie polizze nelle Casse di risparmio controllate da
Intesa Casse del Centro. Ma, oltre alle preoccupazioni per così dire
industriali, nel colloquio c’è stato spazio per quelle relative
alla stabilità sull’assetto azionario della compagnia. Ribadite, peraltro, negli stessi giorni, al presidente di
Capitalia, Cesare Geronzi, nel corso di una lunga telefonata. La partita è
destinata a complicarsi se, come confermano fonti finanziarie, le Generali arriveranno all’appuntamento assembleare di
aprile con le vecchie norme statutarie, senza cioè avere adottato per tempo
il meccanismo del voto di lista (il decreto correttivo della legge sul
risparmio, inizialmente più tassativo, lo consente). In precedenza si era
pensato di convocare prima l’assemblea straordinaria (a febbraio-marzo) per
modificare lo statuto e procedere poi all’elezione dei consiglieri (ad
aprile). Questo vuol dire che il cda potrebbe essere
di nuovo eletto a maggioranza: ovvero da Mediobanca, che oggi ha circa il 15%
dei voti. Difficile però che tutte le altri parti in
causa (tra cui Intesa Sanpaolo, Carlo Tassara, De Agostini, Santander,
Unicredit, Capitalia) se ne stiano a guardare. Probabilmente la trattativa si
concentrerà sul «listone Mediobanca». Altrimenti, il rischio è che a qualche
schieramento venga la tentazione di un ribaltone in assemblea. Ma per ora è troppo presto per fare previsioni. Nel
frattempo, proprio in vista dell’assemblea ordinaria, non si arresta il
rastrellamento azionario. Nella seduta di ieri sono stati scambiati 12
milioni di titoli: Generali ha chiuso a ridosso di
34 euro per azione, con un balzo del 2,17 per cento. Da inizio agosto, quando
sono cominciate le manovre sul Leone, il rialzo è del 22 per cento.
Return
da Finanza&Mercati
del 12-01-2007
Mina tributaria sul mercato dei mutui. Il fisco è
orientato ad azzerare le agevolazioni tributarie sui finanziamenti bancari
che prevedono l’estinzione prima di 18 mesi (e 1 giorno). La bomba è stata
lanciata a metà dicembre dall’agenzia del Territorio, uno dei settori alle
strette dipendenze del dipartimento per le Politiche fiscali (l’ex ministero
delle Finanze). La questione finora è passata sotto silenzio, ma adesso sta
agitando le acque del sistema bancario italiano, visto che una fetta
rilevante del mercato dei prestiti è a rischio: per rimanere al settore dei
mutui per la casa le consistenze hanno da poco
superato i 200 miliardi di euro. Tutto ruota attorno ai dubbi interpretativi
delle norme tributarie che prevedono una serie di agevolazioni,
in particolare il pagamento di un’imposta sostitutiva sui finanziamenti a
medio e lungo termine - dunque superiori a un anno e mezzo - al posto di
quattro balzelli molto più onerosi: l’imposta di registro, di bollo, le
ipotecarie e catastali oltre alla tassa di concessione governativa. Chi richiede un mutuo per l’acquisto della prima casa, per
esempio, paga un’imposta dello 0,50% del prestito erogato dall’azienda
creditizia. Per un finanziamento da 100mila euro significa darne al fisco 500. Sommando, invece, i quattro tributi
rimpiazzati dall’unica tassa agevolata la situazione
cambia radicalmente: per un credito del medesimo importo si può arrivare a
sborsare, infatti, fino a sette o otto volte l’imposta unica. Non è poco.
Quelle misure, inoltre, per le banche si traducono in rilevanti leve
commerciali nei confronti della clientela. Di qui le preoccupazioni degli
istituti. Il caso, peraltro, è già stato portato dalla Banca nazionale del
lavoro dinanzi la corte di Cassazione. Secondo i giudici di Piazza Cavour,
l’imposta sostitutiva non può essere riconosciuta ai contribuenti
quando il contratto di finanziamento contiene una clausola espressa
grazie alla quale il cliente può cancellare il debito prima dei diciotto
mesi. Anche se un prestito parte per essere a medio o lungo termine - questo
il senso di quell’orientamento giurisprudenziale - grazie a
una clausola contrattuale può molto semplicemente trasformarsi in credito a
breve. E in questo caso, dice la Cassazione,
l’amministrazione finanziaria non può fare sconti. La circolare dell’agenzia
del Territorio va nella stessa, restrittiva direzione. Il provvedimento,
secondo quanto ha ricostruito Finanza & Mercati, sarebbe diventato indispensabile
alla luce dei comportamenti diversi che negli ultimi mesi avrebbero tenuto i
vari uffici del catasto sparsi sul territorio nazionale. Differenze
che hanno gettato nel panico sia i contribuenti sia gli operatori bancari.
Dall’agenzia del Territorio assicurano a F&M che tutto sarà risolto a
stretto giro e che comunque «è stato chiesto un
parere all’Avvocatura dello Stato». In ogni caso appare scontato, prima o poi, un intervento diretto del viceministro
dell’Economia, Vincenzo Visco.
Return
da
Finanza&Mercati del 12-01-2007
Romain Zaleski ha il 2,25% di Intesa
Sanpaolo. Il dato è emerso ieri dagli aggiornamenti Consob sulle
partecipazioni rilevanti post fusione, che ha
illustrato l’assetto azionario del nuovo gruppo. Le
Generali hanno una quota del 5,07%, mentre il Crédit Agricole, socio
pesante della vecchia Intesa con il 18%, ha ora in portafoglio il 9,15% della
superbanca e Banca Lombarda è scesa sotto la soglia del 2% dal precedente
2,67 per cento. Tra le Fondazioni, la Cariplo si è diluita dal 9,92 al 4,68%,
mentre Fondazione Cariparo (che aveva il 7,04% di Sanpaolo) possiede il 4,18%
del gruppo; la Compagnia di San Paolo, in precedenza al 14,48% dell’istituto
torinese, ha il 7,68% e la Fondazione Carisbo vanta una quota del 2,73% (dal
5,55%). L’Ifil ha il 2,45 per cento.
Return
da Finanza&Mercati
del 12-01-2007
In Italia continuano a «esserci significative
possibilità di ulteriore consolidamento del settore bancario, in particolare
tra le banche medie e piccole», specialmente le banche popolari e quelle di
credito cooperativo. Lo scrivono gli analisti di Moody's
in uno studio sul 2007 del settore bancario. Anche se i 6
maggiori istituti nazionali coprono ormai oltre il 50% del mercato, infatti,
«il settore resta ancora altamente frammentato». Alla luce dell'attuale situazione e di quanto accaduto negli
ultimi due anni, per il 2007 le previsioni dell'agenzia
di rating nel settore restano complessivamente
«stabili».
Return
di Guerino Vitali
Sono oltre 5 milioni (pari al 31%) i pensionati che
vivono con una cifra tra i 500 ed i 1000 euro al
mese e sono quasi 4 milioni, pari al 23%, quelli che prendono meno di 500
euro. E’ quanto emerge dalla ricerca dell’Istat sui “I
beneficiari delle prestazioni pensionistiche”. La ricerca sottolinea
che la distribuzione dei pensionati per classe di importo medio mensile delle
prestazioni presenta frequenze più elevate nelle classi che includono i
valori più bassi. Questo gruppo, il più numeroso di pensionati è pari al
31,0% del totale. Il secondo gruppo per numerosità (3,9 milioni di
pensionati, pari al 23,8% del totale) percepisce meno di 500 euro mensili. Un
ulteriore 23,4% di beneficiari ottiene pensioni
comprese tra 1.000 e 1.500 euro mensili e il restante 21,9% riceve pensioni
di importo mensile superiore a 1.500 euro. Le due distribuzioni - spiega
l’Istat - per maschi e femmine mostrano differenze consistenti: gli uomini
presentano quote più elevate nelle classi di importo
mensile più alto; le donne in quelle di importo più basso. Inoltre ci sono
troppi baby pensionati. Nel 2005, ogni 100
lavoratori attivi c’erano 71 pensionati di cui il 27,7% ha
un’età compresa tra 40 e 64 anni e il 3,6% ha meno di 40 anni. A rivelarlo lo
studio Istat su «I beneficiari delle prestazioni pensionistiche», dove si
spiega come il rapporto attivi/passivi è maggiore nel Mezzogiorno (78
pensionati ogni 100 occupati) e inferiore nelle regioni settentrionali, dove
il rapporto di dipendenza è di 67 a 100. In generale, comunque,
l’Istituto nazionale di statistica spiega come il trend, tra il 2000 e il
2005, è diminuito, passando da 74 a 71 pensionati ogni 100 occupati.
Differenze territoriali si rilevano anche riguardo agli
importi medi dei redditi pensionistici: sono più elevati nelle regioni
settentrionali e in quelle centrali (rispettivamente, 105,4% e 106,4% della
media nazionale) e inferiori nelle regioni del Mezzogiorno (87,5% rispetto
alla media nazionale)
L’ETA’ DEI PENSIONATI - Ma quanti anni hanno i pensionati in media? Il 68,7% dei pensionati ha 65 anni e
più e il 19,2% del totale è costituito da persone con età superiore a 79
anni, tuttavia, una quota consistente di percettori ha un’età inferiore a
quella normalmente individuata come soglia della
vecchiaia (65 anni): infatti, il 27,7% dei pensionati ha un’età compresa tra
40 e 64 anni e il 3,6% ha meno di 40 anni. Quest’ultima quota resta superiore
per gli uomini (4,3%) rispetto alle donne (2,9%).
Sono però proprio i baby pensionatì a
percepire il più elevato importo medio dei redditi pensionistici: per la
fascia di età compresa tra 40 e 64 anni il mensile è stato di 13.730 euro
(valore superiore del 5,8% rispetto a quello medio generale).
Return
I genitori devono mantenere i figli che lavorano ma guadagnano poco. Questo
quanto stabilito dalla Cassazione (sentenza 407) che ha ordinato il
ripristino del mantenimento negato al figlio maggiorenne di una coppia
separata della Romagna. Il giovane, infatti, da nove mesi aveva un
contratto da apprendista presso un albergo che non gli consentiva comunque di essere “autosufficiente”. Tanto è bastato a
convincere la Cassazione.
Il ragazzo, peraltro, continuava a studiare presso un
istituto alberghiero per ottenere un ulteriore diploma.
Per la Corte d’Appello di Bologna, il ragazzo non doveva essere più mantenuto
dal padre in quanto il lavoro da apprendista era fonte di reddito. la Cassazione ha invece accolto il ricorso della madre del
ragazzo poiché “la mera prestazione di lavoro da parte del figlio occupato
come apprendista non è di per sé tale da dimostrare la totale autosufficienza
economica”. Infatti, non è “sufficiente il mero
godimento di un reddito” per fare cessare i doveri dei genitori verso figli,
occorre che ciò che guadagnano li renda “autosufficienti”.
Return
A sorpresa la Banca d'Inghilterra ritocca gli interessi al
5,25%. Nella zona-euro il costo del denaro potrebbe aumentare in marzo - La Germania va, ma la Bce gela l'Europa
- Riviste al rialzo all'1,7% le
stime per l'Italia. Debito record:
1.605,4 miliardi
autore: Marika de Feo categoria:
REDAZIONALE
FRANCOFORTE— LaBanca centrale europea ha lasciato i
tassi di interesse invariati al 3,5%, ma ha aperto
la porta a un nuovo rialzo del costo del denaro — che sarà deciso molto
probabilmente l'8 marzo prossimo —
a causa dei «rischi al rialzo» dell'inflazione
e della crescita «robusta». Un'espansione
economica superiore al previsto, che secondo le stime della Commissione
continuerà nel corso dei primi due trimestri del 2007, sospinta anche dall'economia tedesca cresciuta nel 2006 a un ritmo pari al 2,5%, il più alto degli ultimi sei
anni. Nel frattempo, la Banca d'Inghilterra
ha aumentato ieri a sorpresa il costo del denaro di 0,25 punti, portandolo al
5,25%, il livello più alto degli ultimi sei anni. Una decisione che ha
temporaneamente spinto l'euro
oltre quota 1,3 dollari, ma i segnali lanciati in seguito dalla Bce hanno
riportato la moneta unica a 1,2925 dollari, ai minimi da otto settimane.
Ieri a Francoforte, il presidente della Bce Jean-Claude
Trichet ha segnalato che nelle prossime settimane i banchieri «monitoreranno
con molta attenzione» tutti gli sviluppi legati alla crescita e all'inflazione, per evitare il manifestarsi di rischi
alla stabilità dei prezzi. Una frase utilizzata di solito
dalla Bce per indicare una stretta dei tassi, ma non imminente. Mentre
il giudizio di una politica monetaria ancora «accomodante», con i tassi di interesse «contenuti» e di una disponibilità ad agire
«in modo fermo e tempestivo in qualsiasi momento», in caso di necessità,
hanno segnalato un probabile rialzo a marzo. E infatti
Trichet ha concluso: «Non direi nulla qui per mutare le aspettative
dei mercati» che si attendono una mossa di politica monetaria «alla fine del
primo trimestre». Anche perché sull'inflazione
— prevista intorno al 2% nel 2007 e nel 2008 — gravano «rischi al rialzo»,
che potrebbero manifestarsi a causa della volatilità dei prezzi petroliferi,
degli aumenti delle imposte indirette e degli aumenti salariali. Ma
anche come conseguenza della crescita economica, che prosegue «robusta», al
ritmo del potenziale di Eurolandia e alcuni «rischi
al ribasso» dovuti all'aumento del
protezionismo globale, del caro-petrolio e degli squilibri internazionali.
Secondo la Bce, la crescita dovrebbe continuare sospinta sia dalla domanda globale, sia da quella interna europea e il consumo
dovrebbe rafforzarsi grazie anche al calo della disoccupazione. Uno scenario supportato ieri dalle nuove stime di crescita della
Commissione, riviste al rialzo per il primo e per il secondo trimestre del
2007 e con una crescita stabile compresa, rispettivamente, fra lo 0, 4%-0,8%
e fra lo 0,4%-0,9%, che dovrebbe protrarsi anche nel terzo trimestre.
Negli ultimi tre mesi del 2006 il pil è cresciuto fra lo 0,3% e lo 0,8%, ma
sui dati consolidati la zona-euro mostra segni di rallentamento: nel secondo
trimestre la crescita era stata quasi dell'1%, nel terzo dello 0,5%. Cioè un ritmo dimezzato rispetto al periodo precedente. E la Francia risulta sotto la media dell'area mentre in Italia è lo stock del debito a
preoccupare: ai dati di ottobre, ha segnato il record assoluto a 1.605
miliardi. Dati positivi sono giunti invece dalla Germania,
la cui economia nel 2006 è cresciuta del 2,5% segnando la performance
migliore dal 2000, grazie a un forte aumento dell'export
(+12%) e degli investimenti (+5%). Secondo gli esperti, la crescita superiore
alle aspettative avrà un forte effetto di
trascinamento nei primi mesi dell'anno,
attenuando gli effetti dell'aumento
di tre punti — al 19% — dell'Iva,
in vigore dal primo di gennaio.
ANGELA MERKEL Il Pil 2006 della
Germania è cresciuto del 2,5%, mai così bene dal 2000 JEAN-CLAUDE
TRICHET Il presidente della Banca centrale europea
Return
autore: Federico Fubini categoria:
REDAZIONALE
MILANO — È arrivato a Boston nel 1977 e da allora ha
lasciato il Massachusetts Institute of Technology
solo per un quinquennio a Harvard. Benché sia nato ad Amiens e conservi
puntigliosamente il passaporto francese, di economia
discute in inglese. Eccezioni, Olivier Blanchard ne fa quasi solo quando è con il connazionale Jean-Claude Trichet: per
il presidente della Banca centrale europea è uno degli economisti sulle due
sponde dell'Atlantico da ascoltare
con più attenzione. A maggior ragione quando, come ora, fa prova di un
insolito ottimismo sull'Europa.
La Germania cresce ai massimi dal 2000, ma
in autunno la zona- euro e la Francia sono state meno brillanti. Davvero la
ripresa è solida?
«Anziché guardare i dati di mese
in mese, facciamo un passo indietro per un'occhiata
complessiva: si vedrà che nella gran parte dei Paesi della zona-euro gli
elementi per una ripresa ci sono: gli utili delle imprese alti, gli
investimenti che tengono il passo, le pressioni per gli aumenti salariali
deboli. Il
punto interrogativo è la fiducia dei consumatori, ma ho fiducia
che l'attuale fase di crescita
continui».
Significa che per la prima volta da molti anni l'economia europea cammina sulle sue gambe, senza
dipendere dal traino dell'America?
«Sì, è completamente autosufficiente. Le economie
dipendono le une dalle altre, ma non così tanto: l'Europa a questo punto può crescere anche se l'America dovesse finire in recessione, cosa che
peraltro per ora non mi risulta. Lo sganciamento dagli Stati Uniti non è un problema, la tenuta dell'economia
a questo punto dipende più che altro dalla fiducia delle famiglie in
Europa».
Nell'ultimo
decennio abbiamo assistito a una serie di riprese
abortite. Cosa le fa pensare che stavolta sia
diverso?
«Come ho detto, tutti i fattori
stanno convergendo. Certo se in futuro l'euro
si dovesse rivalutare bruscamente, rallenterebbe la ripresa e potrebbe anche
fermarla».
Ma succederà?
«Direi di no. Mi aspetto che l'euro continui sì a rafforzarsi nei
confronti del dollaro, ma in maniera graduale e senza seri contraccolpi».
La Bce ha mostrato un certo disinteresse per l'apprezzamento dell'euro
degli ultimi mesi e ha continuato con i rialzi dei tassi. Il prossimo è
sostanzialmente annunciato per marzo.
«Mi sembra giusto che la Bce tenga conto dell'attuale livello di attività
economica. Ma non mi pare proprio che i banchieri
centrali di Francoforte stiano prendendo un atteggiamento dogmatico che possa
mettere in pericolo la ripresa. Si muoveranno con cautela, perché la
pressione per aumenti salariali è debole e non vedo rischi di
aumenti d'inflazione così
forti da giustificare rialzi drastici degli interessi».
Si dice sempre che l'Europa
non cresce perché non affronta le riforme. Eppure la
ripresa è autosufficiente e l'euro
forte non fa paura. Non è che le riforme, in parte,
si fanno e funzionano?
«Può essere. Non penso che riforme strutturali facciano
molto per proteggere l'economia
dagli effetti avversi dei tassi dei cambi. Ma è vero
che si stanno facendo passo passo, e mi aspetto che la crescita europea duri anche
per questo».
Return
«Conto Arancio addio» Lascia l'uomo d'oro
italiano - Christian Miccoli si dimette da Ing Direct
autore: Giuliana Ferraino categoria:
REDAZIONALE
MILANO — La zucca si è trasformata in carrozza, e il
cocchiere dice addio. Christian Miccoli, numero uno di Ing
Direct, la banca che ha creato da zero nell'aprile
2001 per portare in Italia il primo conto di deposito, il celebre conto
Arancio, si è dimesso. E ha comunicato la sua decisione con una e-mail a tutti i dipendenti, ai quali si rivolge
chiamandoli «cari amici».
Nella vita è «importante avere dei sogni e tentare di
realizzarli con coraggio e determinazione — ha scritto —. Anch'io ho un sogno, un sogno nuovo che vorrei
realizzare». Per questo motivo, ha «preso la difficile decisione di lasciare
Ing Direct». Consapevole che ormai «è un'azienda solida, produce utili eccezionali e aiuta
i suoi clienti a sfuggire ai costi e ai rischi delle banche tradizionali,
offrendo prodotti semplici, convincenti e sicuri». E,
prima di congedarsi, ringrazia tutti per aver contribuito a «questa grande
impresa».
Quanto grande? Tanto da essere diventata la settima
banca italiana per raccolta diretta retail, con oltre 14 miliardi di euro raccolti. Aver erogato in due
anni 1,8 miliardi di mutui a 15 mila clienti. Aver
raggiunto 780 mila correntisti online con il Conto Arancio (+160 mila quest'anno, il record storico). Aver allargato l'offerta
ai mutui e ai fondi, dall'unico
prodotto con cui era partita. Aver toccato i 470 dipendenti dai 70
iniziali.
Forte di questi numeri, Miccoli lascia perché sente di
aver compiuto la sua missione. Ing Direct può andare
avanti da sola. Per lui c'è già
pronta una nuova sfida, che comincerà il primo febbraio. Sulla nuova
avventura, però, il manager ha steso un velo di
riserbo. Agli amici ha confidato soltanto che è «una
cosa particolare e molto stimolante».
Molti sono pronti a scommettere che Miccoli rimarrà nel
settore bancario, per ripetere il miracolo della zucca per qualche altro
colosso straniero. Ma c'è
chi si aspetta qualche sorpresa. Scavando nel suo curriculum (bocconiano, 43
anni, una carriera cominciata alla Rasbank e poi alla McKinsey, prima di
approdare al gruppo olandese), si scopre in realtà che l'uomo ha molteplici interessi che spaziano dalla
musica alla storia, dalla corsa al bricolage.
La musica è un amore antico, coltivato con otto anni di
conservatorio e che oggi unisce tutta la famiglia: ha sposato una cantante
lirica, il figlio Matteo suona il clarinetto e la figlia Elena
il piano. Lui ascolta di tutto, dal jazz al
rock, ma tra tra i suoi Cd preferiti mette le "Trascrizioni di Bach,
suite per violino e violoncello". Tra gli oggetti costruiti da solo e di
cui va più orgoglioso ci sono le casse elettrostatiche piatte, alte un metro
e 60, dello stereo vintage con oltre 35 anni alle spalle. Gli piace l'atletica (ai tempi della
Bocconi, ha partecipato a gare agonistiche nei 400 ostacoli), e adesso
ha iniziato a correre con i figli. Ha l'hobby
della fotografia. E coltiva una passione per la storia e la strategia dei
grandi condottieri, da Alessandro Magno ad Annibale a Napoleone: li ha usato anche in banca, per rendere più efficiente l'organizzazione.
Return
categoria: REDAZIONALE
Le banche italiane al fianco delle imprese «hanno
resistito alle sirene del declinismo». Così Pietro Modiano ( foto), direttore
generale vicario di Intesa Sanpaolo intervenuto ieri
a un convegno sull'export.
Le banche, ha aggiunto, «hanno fatto molto anche nei
settori ritenuti condannati dalla concorrenza cinese».
Sul fronte degli azionisti della superbanca, è atteso
intanto la prossima settimana l'incontro
delle quattro principali fondazioni per la definizione di un patto di
stabilità al quale farà riferimento una quota di circa il 22%. Lo ha
anticipato il presidente della Fondazione Carisbo, Fabio Roversi Monaco. «C'è la speranza - ha detto Roversi Monaco all'Ansa - di chiudere a breve». Nell'incontro, che servirà a discutere i dettagli dell'accordo di prelazione, soci dovrebbero proporre
di affidare al numero uno della Compagnia Sanpaolo, Franzo Grande Stevens, la
presidenza dello stesso patto. A differenza della Compagnia, della Cariplo e
della Cariparo, infine, Carisbo non aumenterà la propria quota.
Return
MF - Riforma Tfr - Numero 009, pag. 4 del
12/1/2007
Mini-imprese, il tfr resta in cassa - Il
principio del silenzio-assenso non si applica ai dipendenti di aziende con meno di 50 addetti. - È da
escludersi il passaggio a una forma di previdenza
complementare se il lavoratore non si esprime sulla questione. Ci sono sei
mesi per decidere che strada prendere. Il principio resterà in vigore almeno
fino al 2008
Autore: Daniele Cirioli
Il principio del silenzio-assenso sul conferimento del
tfr alla previdenza integrativa non si applica, almeno fino al 2008, ai
dipendenti di imprese con un numero di addetti fino
a 49. Questi lavoratori possono decidere esplicitamente di conferire il tfr a una forma pensionistica complementare, ma se tacciono
conservano il tfr in azienda. Le conclusioni potrebbero stravolgere (il
condizionale è d'obbligo e si
spiega più avanti il perché) il quadro delle regole finora annunciato,
comportando l'esclusione per lo
meno fino al 2008, dall'automatismo
dell'adesione alla previdenza
integrativa (e della fuoriuscita del tfr dalle aziende) dei lavoratori
silenti, dipendenti di imprese con meno di 50
addetti al 31 dicembre 2006.
Il quesito.
Il quesito che si prende in esame chiede chiarimenti in
merito alla norma dell'articolo
23, comma 2, del dlgs n. 252/2005 che disciplina i casi di esclusione
dall'applicazione del principio
del silenzio assenso, operativo dal 1° gennaio 2007, con riferimento all'adesione alla previdenza complementare tramite
conferimento del tfr.
Il conferimento del tfr.
L'entrata in
vigore del dlgs n. 252/2005, anticipata al 1°
gennaio 2007 dalla legge n. 296/2006 (la Finanziaria 2007), ha reso
immediatamente operativa la regola sul conferimento del tfr maturando alle
forme pensionistiche complementari. Questa regola (dettata all'articolo 8, comma 7, del dlgs n. 252/2005)
stabilisce che, con cadenza almeno annuale, avviene il conferimento del tfr
maturando alle forme pensionistiche complementari, attraverso modalità
esplicita o modalità tacita manifestata dai
lavoratori. Questi ultimi, in pratica, hanno sei mesi di tempo dalla data di
prima assunzione (il periodo di sei mesi decorre dal 1° gennaio 2007 per coloro che già risultano assunti al 31 dicembre 2006) per
valutare la convenienza a rinunciare al tfr a favore della previdenza
integrativa. Il tfr che è coinvolto è esclusivamente quello
maturando, mentre non è toccato quello già maturato alla data della
decisione. Fermo restando le due modalità (esplicita o tacita), il percorso
decisionale prevede una differenziazione sulla base dell'anzianità d'iscrizione
alla previdenza obbligatoria. L'elemento
discriminante è dato dalla data del 29 aprile 1993 e porta a
individuare le seguenti due categorie di lavoratori: lavoratori dipendenti
iscritti per la prima volta alla previdenza obbligatoria dal 29 aprile 1993
(dopo il 28 aprile 1993); lavoratori dipendenti iscritti per la prima volta
alla previdenza obbligatoria prima del 29 aprile 1993. In questo
ultimo caso, inoltre, occorre altresì distinguere due ipotesi:
iscritti e non iscritti a forme pensionistiche complementari al 1° gennaio
2007.
La modalità esplicita.
Nel periodo di sei mesi a disposizione, il lavoratore
può decidere di conferire tutto il tfr maturando a
una forma di previdenza complementare da lui stessa scelta oppure, in
alternativa, può decidere di mantenere il tfr maturando presso il proprio
datore di lavoro (come retribuzione differita). La prima scelta (conferimento
del tfr alla previdenza integrativa) è irrevocabile; la seconda (mantenimento
del tfr in azienda), invece, può essere successivamente
revocata e il lavoratore può decidere di conferire il tfr a una forma pensionistica
complementare.
La modalità tacita.
Nel caso in cui, trascorso il periodo di sei mesi a sua disposizione il lavoratore non sia approdato ad alcuna
scelta, dal settimo mese scatta il principio del silenzio assenso: il suo tfr
maturando finisce nella previdenza integrativa. In particolare, il datore di
lavoro provvederà a trasferirlo al fondo pensione
collettivo disciplinato in sede contrattuale o, in mancanza, al fondo
pensione residuale dell'Inps.
Il fondo di tesoreria.
La Finanziaria 2007 non ha solo confermato l'anticipo dell'entrata
in vigore della riforma della previdenza integrativa (come fissato dal dl n.
279/2006), ma ha anche introdotto il principio dello
smobilizzo del tfr, dando attuazione all'accordo
sottoscritto il 23 ottobre 2006 tra governo e parti sociali.
Con effetto dal 1° gennaio 2007, in particolare, ha
istituito il ´fondo per l'erogazione
ai lavoratori dipendenti del settore privato dei trattamenti di fine rapporto di cui all'articolo
2120 del codice civile'. Il fondo,
stabilisce il comma 755 dell'unico
articolo della legge finanziaria, ´garantisce'
ai predetti lavoratori l'erogazione
del tfr per la quota corrispondente al contributo versato mensilmente dai
datori di lavoro e pari al tfr maturato dai dipendenti. Non è inesatto,
dunque, riferirsi al nuovo fondo di tesoreria (lo fa, del resto, anche la
relazione tecnica alla Finanziaria) come a un ´fondo
di garanzia'. Dal quale sono
esclusi i datori di lavoro che abbiano alle proprie dipendenze meno di 50
addetti.
L'articolo
23.
Il comma 2 dell'articolo
23 del dlgs n. 252/2005, su cui il quesito chiede chiarimenti, stabilisce una
deroga alla regola del conferimento del tfr alle forme pensionistiche
complementari, prevedendo che la modalità tacita (ossia il principio del
silenzio assenso) non si applica ´ai lavoratori le cui aziende non sono in possesso dei requisiti di accesso al fondo di
garanzia di cui all'articolo 10,
comma 3, limitatamente al periodo in cui sussista tale situazione e comunque
non oltre un anno dall'entrata in
vigore' della riforma della
previdenza integrativa, cioè non oltre il 31 dicembre 2007. Stabilisce,
ancora, che tali lavoratori ´possono tuttavia conferire il tfr secondo le
modalità esplicite'
e che in questo caso l'azienda
beneficia delle agevolazioni previste dal medesimo articolo 10, con
esclusione dell'accesso al
predetto fondo di garanzia.
L'articolo
10.
L'articolo 10
del dlgs n. 252/2005, cui fa riferimento la disposizione
dell'articolo 23, è stato
riscritto completamente dalla legge finanziaria 2007. Il
vecchio testo, al comma 3 che qui interessa, fissava le modalità di
funzionamento del ´fondo di garanzia'
istituito dal dl n. 203/2005 e finalizzato a facilitare l'accesso al credito alle imprese interessate al
conferimento del tfr a forme pensionistiche complementari. Il nuovo testo
dell'articolo 10, comma 3,
disciplina ora una riduzione del costo del lavoro, quale ulteriore
compensazione degli oneri sopportati dalle imprese in conseguenza ´al
conferimento del tfr alle forme pensionistiche complementari e al fondo per l'erogazione ai lavoratori dipendenti del settore
privato dei trattamenti di fine rapporto di cui all'articolo
2120 del codice civile', cioè al
neo fondo di tesoreria istituito dall'ultima
manovra finanziaria.
Limite a 49 dipendenti?
La Finanziaria 2007 ha modificato in più parti l'articolo 23 del dlgs n. 252/2005, con eccezione
del comma 2 che ha conservato integro il suo testo originario. Entrato in
vigore il 1° gennaio, stabilisce che ai dipendenti di aziende
che non sono in possesso dei requisiti di accesso al ´fondo di garanzia di
cui all'articolo 10, comma 3' non si applica immediatamente il principio del
silenzio-assenso, valendo la deroga per un anno. La norma sarebbe rimasta inefficace poiché come detto, si riferisce a un ´fondo di
garanzia' (quello per l'accesso al credito) che era scomparso dal nuovo
testo dell'articolo 10, comma 3,
del dlgs n. 252/2005. E ciò è stato fino all'ultimo
passaggio del testo della Finanziaria in parlamento quando,
con il maxi-emendamento del governo, sono stati estesi i benefici della
riduzione del costo del lavoro alle imprese coinvolte nello smobilizzo del
tfr verso il neo fondo di tesoreria, inserendo la previsione proprio al comma
3 del predetto articolo 10. Ma ciò ha prodotto anche
un altro risultato, forse meno atteso. Che è quello di
introdurre nella richiamata norma del comma 3, dell'articolo
10, un nuovo ´fondo di garanzia':
quello per l'erogazione del tfr ai
lavoratori privati e previsto dalla legge finanziaria. La conseguenza
finale è quella di rendere nuovamente operativa la disposizione dell'articolo 23, comma 2, e cioè
l'esclusione dell'applicazione del principio del silenzio-assenso
alle aziende con meno di 50 dipendenti. Infatti, valendo ora il riferimento
al nuovo fondo di tesoreria, ne deriva che l'esclusione
della modalità tacita di conferimento del tfr alle forme pensionistiche
complementari vale per le aziende che non sono in possesso
dei requisiti di accesso al predetto fondo, ossia quelle con un numero
di addetti alle dipendenze inferiore a 50.
Return
MF - Banche & Banchieri - Numero 009,
pag. 13 del 12/1/2007
Banca Italease ha dato il via libera
ieri all'aumento di capitale da
299,2 milioni di euro, che partirà il prossimo 15 gennaio. Il prezzo di
sottoscrizione di ciascuna azione ordinaria di nuova
emissione è stato fissato in 37,6 euro. I diritti di opzione,
che dovranno essere esercitati dal 15 gennaio al 2 febbraio 2007, saranno
negoziabili sul Mercato telematico azionario di Borsa italiana dal 15 al 26
gennaio 2007 (i diritti di opzione non esercitati verranno offerti in borsa).
L'offerta è assistita da una
garanzia promossa da Mediobanca e Lehman Brothers.
Da segnalare che lo scorso 31
dicembre è diventata operativa la fusione per incorporazione tra Leasimpresa,
società di leasing di Banca Italease e della Banca popolare di Verona e
Novara, che a seguito dell'operazione
ha incrementato la partecipazione detenuta direttamente ed indirettamente nel
capitale dell'istituto di leasing
e factoring dal 24,062% del 14 novembre 2006 al 30,719%. Sempre come conseguenza alla
fusione, il patto di stabilità dei soci di Italease
è passato dal 48,372 al 44,131% del capitale.
Return
MF - Banche & Banchieri - Numero 009,
pag. 13 del 12/1/2007
Autore: Fabrizio Massaro
La nuova inchiesta giudiziaria su Giovanni Consorte
disposta dalla procura di Roma fa slittare la ricapitalizzazione da 200
milioni di Intermedia, la merchant bank che l'ex numero uno di Unipol sta tentando di mettere
in piedi. L'assemblea prevista per
oggi andrà deserta. I futuri soci (si dice una ventina di coop già azioniste di Unipol, ma sui partner Consorte mantiene il riserbo)
avrebbero dovuto sottoscrivere un aumento di capitale fino a 200 milioni di
euro, ma ora tutto è rimandato di circa dieci giorni. Mercoledì 17 gennaio
dovrebbe essere riconvocato un cda della merchant, di cui risultano
azionisti ora la Teti finanziaria (riconducibile a Consorte), la Four T.
Finance di Salvatore Tiozzo e la Operae di Vittorio Casale, amico di Consorte
e anch'egli indagato per le
presunte appropriazioni indebite per 9,5 milioni di euro legate a un'operazione immobiliare di Consorte e del suo ex
vice Ivano Sacchetti. La nuova assemblea dovrebbe cadere tra venerdì 19 e
lunedì 22. Secondo il piano originario, Intermedia dovrebbe
ricevere 16,2 milioni di denaro fresco per fine gennaio, per arrivare a 160
milioni di capitale entro aprile. (riproduzione
riservata)
Return
MF - Banche & Banchieri - Numero 009,
pag. 13 del 12/1/2007
Ing direct
lancia la rete degli agenti ArancioNet - Prima convention nel borgo medievale
di gargonza.
Autore: Lucio Sironi
Dopo aver conquistato il mercato italiano con i canali di internet e telefono, Ing direct porta al debutto
ufficiale nella Penisola anche la rete dei suoi agenti. L'occasione è la prima convention di ArancioNet, nome della nuova struttura, che si tiene
dall'11 al 13 gennaio al Castello
di Gargonza, borgo medievale situato tra Arezzo e Siena, e che cade a pochi
giorni di distanza dalle dimissioni date dal numero uno del gruppo olandese
in Italia, Christian Miccoli (vedere MF di ieri).
Avviato in fase sperimentale nel 2005, il network conta
oggi su un'ottantina di agenti attivi in 45 punti vendita (stand o corner)
dislocati soprattutto nei centri commerciali delle maggiori città italiane.
Non si tratta di promotori finanziari (e infatti non
possono distribuire i fondi d'investimento
della casa), ma agenti in attività finanziarie, tipologia professionale per
la quale esiste un albo tenuto dall'Ufficio
italiano cambi. La loro operatività si concentra pertanto sul conto di
deposito, il celeberrimo Conto Arancio, e sul Mutuo
Arancio. ´I numeri del 2006 sono incoraggianti',
dice Fabrizio Cioffi, vice president area savings e amministratore delegato di ArancioNet. ´I nuovi conti aperti tramite questo canale
sono stati 27 mila e in occasione della convention
annunceremo l'obiettivo di 37 mila
di nuovi Conti arancio da aprire nel 2007, quindi il 30% in più'. E se lo scorso anno il contributo dato dalla
rete di agenti sulla nuova produzione si è attestato
al 17% del volume totale italiano, nel 2007 si punta a un apporto del 20%.Per
raggiungere la meta è previsto un incremento della forza vendita, destinata a
superare il centinaio di agenti nel corso dei
prossimi 12 mesi. La rete è diretta da Simona Ettorre, che da anni lavora nella struttura italiana del gruppo olandese, e
coordinata da sei area manager. ´La selezione è rivolta a giovani interessati
a sviluppare la distribuzione di un marchio mondiale che si è ben affermato
anche in Italia. Lo scorso anno Ing direct ha
segnato il suo record nel paese acquisendo 160 mila nuovi clienti con il solo
prodotto del conto di deposito'. A
lanciare la campagna 2007 c'è in
particolare l'iniziativa del tasso
di remunerazione del 4% lordo (2,92% al netto della ritenuta fiscale) offerto
per tutto l'anno ai nuovi clienti
che attiveranno il Conto Arancio entro il 28
febbraio (fino a un massimo di 50 mila euro, dopo i quali la remunerazione
scende al 2,8%).A fine 2006 Ing direct contava in Italia circa 780 mila
clienti, distribuiti tra conto, fondi e mutui. La raccolta totale superava i
14 miliardi di euro, compresi i circa 400 milioni
gestiti attraverso tre fondi comuni (gli azionari Dividendo Arancio e Mattone
Arancio più l'obbligazionario Euro
Arancio). Sul fronte dei mutui casa, invece, sono
stati erogati finanziamenti per 1,8 miliardi di euro, distribuiti tra circa
15 mila acquirenti di immobili. A livello mondiale il contributo fornito
dalla struttura Ing direct, una delle sei business
unit del gruppo, è stato del 7% sul totale dei profitti realizzati nel 2005
dal colosso olandese. (riproduzione riservata)
Return
MF - Banche & Banchieri - Numero 009,
pag. 14 del 12/1/2007
Carige accelera sulla bancassurance - Il presidente
berneschi vuole
potenziare il processo di cross-selling di prodotti venduti. - La banca
genovese, dopo aver ricapitalizzato per 15 milioni la controllata Vita Nuova
ed emesso un nuovo bond da 46 milioni per la Assicurazioni
spa, vuole integrare le attività
Autore: Andrea Montanari
Fuori dal grande risiko bancario, almeno
per ora, la Cassa di risparmio di Genova si concentra sul processo di
integrazione e crescita della bancassurance. È questo il piano del presidente
Giovanni Berneschi, che in questi mesi ha visto arrivare nella sede centrale
dell'istituto genovese gli
ispettori di Bankitalia e gli uomini dell'Isvap
negli uffici della Carige Assicurazioni.
E in attesa del rinnovo dei
vertici della Fondazione, l'azionista
di riferimento con il 40% (il 15 gennaio scade il mandato dell'attuale cda) e di eventuali rimpianti nell'organico manageriale, il numero uno si concentra
sulle potenzialità delle due aree di attività. ´La nostra volontà è quella di
integrare sempre di più i due rami del business della Carige, l'attività tradizionale bancaria e quella assicurativa',
afferma a MF lo stesso Berneschi. ´Per tale ragione stiamo cercando di
accelerare quanto più possibile le operazioni di cross-selling tra i prodotti
distribuiti al pubblico', spiega
il presidente che ha provveduto negli ultimi mesi a ricapitalizzare per 15
milioni di euro la Carige Vita Nuova (capitale
salito da 46,280 a 61,360 milioni) e a emettere un nuovo prestito
obbligazionario con la Carige Assicurazione: bond da 46 milioni, collocato il
30 novembre scorso, che sostituisce le due precedenti emissioni da 36 e 10
milioni. ´Ci stiamo focalizzando su questo progetto con l'integrazione delle due reti di distribuzione. Nei
450 sportelli delle compagnie assicurative vendiamo anche i prodotti bancari', continua Berneschi.
´Una modalità che continua anche con l'accrescimento
delle capacità e delle potenzialità di tutti gli istituti del
gruppo', vale a dire le casse di
Savona e Carrara e il Monte di Lucca.
Contestualmente, è stata patrimonializzata la Cesare
Ponti, l'ultima banca acquisita
dalla Carige: un'operazione da 8
milioni di euro in totale, frutto di un aumento da
1,6 milioni nominali, oltre ai 6,4 milioni di sovrapprezzo. ´L'anno scorso abbiamo aperto 65 sportelli, vogliamo
continuare su questa strada anche se potremmo
cogliere eventuali occasioni di mercato',
specifica il presidente della banca genovese che lascia aperta l'ipotesi di eventuali acquisizioni. ´Potremmo
guardare a casse di risparmio o popolari di taglia media', probabilmente nel Centro
Italia per ampliare la presenza territoriale in Toscana o in qualche
regione limitrofa. ´E guardiamo a quello che succede
nel sistema delle casse'.
Creditis in rodaggio. Sul fronte della diversificazione
del business, Carige affiancata dal socio francese, la Caisse nationale del
caisses d'epargne et de prévoyance
(Cncep), che ha il 15%, sta lavorando al lancio definitivo della società di
credito al consumo. ´Siamo in fase organizzativa per la Creditis servizi
finanziari che ritengo possa avviare la sua attività sul mercato tra sei mesi
almeno', sottolinea
Berneschi, che vuole puntare su prodotti innovativi di stampo americano, a
partire della ´carte revolving di nuova concezione',
da affiancare alle soluzioni tradizionali per la clientela retail. ´Vorrei sottolineare come l'attività
bancaria proceda in maniera autonoma dalle decisioni che saranno assunte per
la e dalla Fondazione', conclude
il presidente. ´Non si confondano le due cose'.
(riproduzione riservata)
-Winston Churchill-
L'ottimista vede
opportunità in ogni pericolo, il pessimista vede pericolo in ogni
opportunità.
Return
|